Il 2023 e il 2024
Prendendo in considerazione l’ultimo anno, l’edizione 2023 di “Mind Health Report”, restituisce un’indagine sulla salute mentale e il benessere condotta da IPSOS su un campione di 30.600 persone di età compresa tra i 18 e i 74 anni in 16 Paesi. Il report nello specifico mira a identificare potenziali situazioni critiche e problemi, per fornire indicazioni sulle azioni possibili da mettere in atto cambiando abitudini e stili di vita per migliorare il proprio benessere, configurandosi anche come strumento strategico a supporto di decisori politici, operatori e operatrici sanitari, imprese e individui per un approccio olistico di promozione del benessere delle persone.
I risultati della ricerca, che vedono emergere quattro profili di salute e benessere mentale che per l’anno 2023 hanno caratterizzato la popolazione, si possono raggruppare in: coloro che combinano benessere sociale, emotivo e psicologico a un livello di soddisfazione massima (Flourishing), coloro che mostrano benessere in alcune aree, ma con una percezione generale meno intensa (Getting by), coloro che non si sentono al pieno delle proprie capacità e manifestano assenza di un benessere positivo (Languishing) e coloro che riportano totale assenza di aree di benessere, per i quali la fatica è associata a disagio emotivo e compromissione psicosociale (Struggling).
Emerge che l’Italia è il paese la cui popolazione è più colpita sul fronte della salute mentale: solo il 18% del campione dichiara uno stato di pieno benessere (Flourishing), un dato in calo rispetto allo scorso anno (20%). Come la popolazione italiana, solo i giapponesi.
È lo stress il disturbo mentale più diffuso a livello globale, e in Italia è avvertito dal 56% del campione (+8 pp vs 2022). Il 48% degli italiani si sente solo, il dato peggiore in Europa, mentre incidono sullo stato di salute mentale anche l’impatto negativo della guerra, avvertito dal 52% del campione, e l’impatto degli effetti negativi del cambiamento climatico (43%, terzi in Europa). Maggiori vittime del disagio le donne, che riferiscono uno stato peggiore rispetto agli uomini in tutte le fasce d’età. Diversi i fattori che pesano su questo divario, ma il più rilevante è la disparità di genere percepita nella vita quotidiana: oltre il 40% delle donne ha visto mettere in dubbio le proprie capacità per via del gender, 1 su 3 ha ricevuto commenti indesiderati sul proprio genere. Il disagio mentale è inversamente proporzionale all’età, e i giovani risultano i soggetti più a rischio. Pesano l'incertezza sul futuro, la solitudine e l'immagine corporea, ma anche una maggiore sensibilità alla tematica del cambiamento climatico.
Per il 38% dei giovani, inoltre, tecnologia e social media hanno un impatto negativo sul benessere mentale. Tra questi, solo 1 giovane su 12 riporta uno stato di benessere mentale pieno. Il quadro si riflette anche sulla percezione del benessere nel luogo di lavoro. L’indagine indaga infatti anche il legame tra il benessere mentale generale e il benessere percepito sul luogo di lavoro inteso come capacità di sentirsi «in flow»: concentrati, produttivi e focalizzati sugli obiettivi professionali. Solo il 15% del campione dichiara uno stato mentale altamente produttivo. Migliore è lo stato mentale, minore è l’intenzione di cambiare lavoro, la pensa così il 75% del campione, mentre per quanto riguarda i modelli di lavoro, a livello globale, il lavoro ibrido è considerato il migliore in ottica di benessere mentale, anche se molti italiani preferiscono il lavoro da casa (23%). Non solo ombre sul rapporto tra gli italiani e il benessere: in controtendenza rispetto allo scorso anno, in chiave positiva, diminuisce lo stigma sull’argomento e cresce la propensione a prendersi cura della propria salute mentale. Oltre il 60% degli italiani si rivolge a medici e specialisti per la diagnosi delle malattie mentali, dato in controtendenza rispetto al 2022, dove l’Italia era il primo Paese europeo in classifica per numero di persone che avevano scelto la strada dell’autodiagnosi. Si osserva anche un’apertura, sotto forma di supporto, all’uso degli strumenti digitali, accolti positivamente dal 31% degli intervistati. In ambito lavorativo, è sempre più evidente l’effetto delle iniziative di supporto alla salute mentale offerte dall’azienda sul benessere e sull’essere «in flow».
Su questi temi, AXA Italia è in prima linea su una strategia complessiva che vede protagoniste le persone e il loro benessere psicofisico, attraverso iniziative concrete e distintive sul mercato.
Per i clienti, ad esempio, sono a disposizione: supporto psicologico per urgenze h24; supporto dedicato per le partorienti per informazioni mediche, sulla maternità o per la ricerca di un supporto psicologico privato; possibilità di accedere ad un servizio di psicologia online, a seguito di eventi traumatici (es. diagnosi malattie gravi, stress da terremoti, incidenti gravi, etc.), in videochiamata, grazie alla recente collaborazione con Unobravo; “second opinion” su patologie psicologiche per ricevere eventuali indicazioni diagnostiche o terapeutiche suppletive; rimborso delle consulenze psicologiche consigliate a seguito di ricovero per neoplasia maligna. All’interno, continua l’impegno del Gruppo per la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo che metta sempre al centro il benessere psicofisico dei collaboratori. Iniziative di awareness (webinar informativi regolari, formazione dei manager) sono mirate al superamento dello stigma sul tema della salute mentale. Dal 2019, il servizio di counselling online per accompagnare le persone nel gestire situazioni di stress o ansia, anche nella sfera privata, è stato rafforzato con session di counselling direttamente in azienda(5).
Criticità in ambito di accessibilità alla salute mentale pubblica
La portata delle sfide attuali richiede un cambio di paradigma, che faccia della prevenzione il suo centro. Lo stato di criticità in cui versano attualmente la gran parte dei servizi di salute mentale, con scarse risorse di personale e assenza di figure professionali determinanti per i percorsi di ripresa, assenti o insufficienti risorse finanziarie, povertà numerica o inadeguatezza anche strutturale e non adeguata distribuzione sul territorio, generano cronicizzazione con danni rilevanti alle persone che i servizi utilizzano, oltre a sentimenti di sfiducia e rassegnazione. Sul piano socioculturale poi, la creazione di zone ad alta concentrazione etnica, che si congiungono spesso con fattori di rischio sociale, causano una mancanza o una scarsità di collegamenti, di servizi igenico-sanitari, della salute e dell'educazione, precarietà degli alloggi e alta densità abitativa, marginalità. Nelle società con livelli maggiori di disuguaglianza di genere e discriminazione basata sul pregiudizio di genere, vi sono significative barriere all’accesso alle risorse e all’assistenza sanitaria mentale. Le comunità etniche minoritarie, come le persone migranti, sono esposte a un’esperienza cumulativa di sradicamento, isolamento, aggressioni dovute a razzismo, che ne compromettono la resilienza e l’autonomia, aumentando così la loro vulnerabilità alla malattia mentale(6).
Una panoramica degli ultimi dieci anni
Nei documenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sono molteplici e sempre più ricorrenti i riferimenti alla salute mentale quale pilastro non solo per la salute pubblica, ma anche quale base dello sviluppo sostenibile. Attualmente e sempre più si assiste a una sovrapposizione di fattori che interagiscono nel determinare l’emergere e la persistenza di disturbi, tanto più se connessi con i processi di neuro-sviluppo. Inoltre, l’attuale casistica presenta quadri complessi, multiformi e con diffusa co-occorrenza (co-occuring disorders). La pervasività dell’uso di sostanze, con le attuali composizioni delle stesse e le modalità di loro utilizzo, l’evoluzione in età adulta dei disturbi del neuro-sviluppo sono tra i casi per i quali diventa indispensabile comprendere, valutare e trattare il caso clinico non frammentando la presa in carico in relazione ai singoli, seppur molteplici, disturbi, bensì comprendendo il quadro complessivo, ben diverso dalla somma e interazione di singole patologie(1).
Tale cambiamento determina la necessità di fornire risposte altrettanto complesse e articolate, rendendo indispensabile un differente modello organizzativo che includa e metta in relazione le diverse partiture dedicate ai diversi target. Il Dipartimento di Salute Mentale deve poter offrire adeguate risposte cliniche agli attuali pazienti, senza che questi siano rimandati da un servizio/dipartimento all’altro in un gioco che spesso sconfina in reciproche deleghe e/o in duplicazioni, frammentazioni e incoerenze interne. Tanto più che la coerenza della risposta terapeutica è essa stessa fondamentale fattore di esito positivo del trattamento. In un Dipartimento inclusivo, attento alle diverse problematiche presenti nelle diverse fasce di età, dalla nascita all’età anziana, devono concorrere anche i saperi e le competenze di altre discipline e professioni che concorrano alla realizzazione del trattamento. Multi-disciplinarietà e multi-professionalità sostanziano un funzionamento del servizio non basato solo sulla competenza dei singoli professionisti, ma anche sull’adozione di paradigmi comuni, di protocolli condivisi, di procedure efficienti. Pertanto, esse sono alla base di un servizio che supporta il lavoro di équipe, che favorisce la comunicazione interna e la circolazione delle informazioni(4).
I mutamenti sociali, culturali ed economici degli ultimi decenni incidono ovviamente sui processi relazionali, affettivi, di sviluppo di ogni individuo. Il riferimento familiare utilizzato per comprendere molte forme di patologia necessita di essere integrato con altri riferimenti, che richiamano le relazioni amicali, gruppali, virtuali. Relazioni, queste ultime, che hanno spesso maggiore pregnanza e impatto sulla vita degli individui di quelle su cui basiamo gran parte dei nostri riferimenti clinici tradizionali.
Apprendere nuovi linguaggi e comprendere nuovi significati si impone per la comprensione, ad esempio, dei bisogni di salute provenienti dalla crescente popolazione migrante: in ambito internazionale 1 abitante su 30 è un migrante. È una popolazione che rispecchia condizioni di vita molto diversificate, tra stranieri regolari (a volte con precedenti periodi di irregolarità) e migranti forzati, tra minorenni non accompagnati e nuclei familiari coesi, tra persone in centri di accoglienza e persone inserite in contesti ambientali stabili. Ma tutti con culture, modelli relazionali, stili di vita differenti da quelli della popolazione nazionale con disturbo mentale. È necessario comprendere forme differenti di patologia e fornire trattamenti terapeutici accettabili e appropriati per un target differente.
Apprendere nuovi linguaggi e nuovi significati si impone anche per la comprensione della popolazione consumatrice di sostanze o con comportamenti da addiction. Il disturbo indotto da sostanze, che con maggior frequenza si presenta all’attenzione dei servizi psichiatrici soprattutto ospedalieri, riguarda una piccola percentuale dei soggetti con disturbo da uso di sostanze o da addiction, alcuni dei quali non presentano una psicopatologia pregressa al comportamento di consumo, ma possono sviluppare una condizione post morbosa anche di elevata gravità. Inoltre anche tra i pazienti - soprattutto giovani - che si rivolgono ai servizi di salute mentale la percentuale di consumatori di sostanze è sempre più elevata. E ciò rende indispensabile saper effettuare, non solo valutazioni diagnostiche accurate, ma anche modulare i piani di trattamento in funzione delle differenti occorrenze.
Altra importante area di confine, che richiede nuovi apprendimenti, è data dai disturbi del neuro-sviluppo (non solo autismo e ADHD, ma anche schizofrenia e disturbo bipolare), arricchiti dalle conoscenze e dalle ricerche degli ultimi decenni. Tali disturbi, caratterizzati dalla difficoltà del funzionamento personale e sociale che si manifesta già dalle prime fasi di vita, costituiscono un ampio insieme di patologie neurologiche e psichiatriche, spesso concomitanti. La complessità di questi disturbi, causati da molteplici fattori, determina la necessità di articolare percorsi di cura prolungati durante l’arco di vita. Il costrutto del neuro-sviluppo consente di avere in mente da un lato una visione prospettica sulle possibili traiettorie evolutive e dall’altro una visione retrospettiva sul continuum evolutivo, entrambe esaminate in termini di modificabilità. La frequente comorbidità con il ritardo mentale, poi, non permette più l’esclusione di questi disturbi dall’orizzonte dello psichiatra.
È da sottolineare un’altra area di confine, sempre più presente nella pratica clinica e nell’organizzazione dei servizi, che riguarda i soggetti autori di reato con il conseguente interfacciamento tra la funzione della cura, propria del sistema sanitario e dello specialista e la funzione del controllo sociale, della pena e della rieducazione, proprie del sistema della Giustizia. Le riforme della sanità penitenziaria, la chiusura degli OPG, la maggior attenzione ai disturbi correlati all’uso di sostanze hanno determinato la necessità (e obbligatorietà) di continue interrelazioni con Magistrati, Periti, Amministrazioni Penitenziarie, Forze dell’Ordine con cui sviluppare rapporti di reciproca collaborazione (nel comune obiettivo di riabilitazione e di garanzia della cura ai singoli, di promozione e garanzia della salute della collettività), senza sottostare a deleghe di controllo sociale o ad accettare responsabilità professionali avulse da ogni evidenza scientifica.
Un’ulteriore sfida è data dalla diversificazione dei luoghi della vita sociale e relazionale, con il loro impatto sulla salute mentale. Soprattutto nelle nuove generazioni, tali luoghi non sono più solo luoghi fisici, che richiedono rispetto di regole di convivenza e di reciproca regolazione, ma sono luoghi virtuali, che richiedono diversa percezione e utilizzo sia dello spazio che del tempo. Luoghi che richiamano la possibilità di realtà virtuali con proliferazione delle diverse identità che ogni soggetto può liberamente assumere. Tali dimensioni si affiancano a quelle dei non-luoghi, quali spazi urbani, sempre più diffusi, scollegati da struttura sociale organizzata, che non prevedono radicamento nel contesto e nelle culture. Il non-luogo, espressione della contemporaneità, determina a sua volta uno spazio di vita in cui la costruzione delle identità e delle relazioni si sviluppano con logiche differenti e non trasferibili da quelle tradizionali.
Si è appreso dalla crisi scaturita dalla pandemia, che i servizi per la salute mentale devono saper affrontare le diverse tipologie di emergenze, nonché i cambiamenti ambientali, che determinano, come visto nell’ultimo anno, importanti ripercussioni, non solo sullo stato di salute individuale, ma anche sulla salute collettiva nonché sulla percezione dei rischi, delle malattie e degli esiti delle cure.
Infine, si deve considerare il grande cambiamento demografico che ci impone di sviluppare strategie e competenze rivolte alla popolazione anziana.
Negli ultimi dieci anni i dati sulla salute mentale in Italia hanno messo in luce un aumento significativo dei disturbi psicologici e delle difficoltà nell’accesso ai servizi di cura. Qui di seguito sono riportati alcuni numeri chiave relativi alla salute mentale in Italia, con particolare attenzione agli ultimi dieci anni:
Prevalenza dei disturbi mentali
- Il 25-30% della popolazione italiana ha sperimentato un disturbo mentale nella propria vita, secondo i dati dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e delle indagini epidemiologiche.
- 1 italiano su 5 (circa il 20%) presenta un disturbo mentale diagnosticato nel corso della vita, con una prevalenza maggiore tra le donne rispetto agli uomini.
- Disturbi d'ansia: si stima che circa il 7-10% della popolazione adulta italiana soffra di disturbi d'ansia. I disturbi più comuni includono il disturbo d'ansia generalizzata (GAD), i disturbi ossessivo-compulsivi (DOC) e il disturbo da panico.
- Depressione: si stima che circa il 5-8% della popolazione adulta soffra di depressione, con un aumento significativo negli ultimi anni. La depressione è particolarmente diffusa tra le donne, con un'incidenza che può arrivare fino al 10%.
Impatto della pandemia COVID-19
- Secondo uno studio dell'Università Cattolica di Roma (2020), la percentuale di persone con sintomi di depressione grave è passata dal 6% pre-pandemia al 14% durante i lockdown.
- Sintomi ansiosi: durante la pandemia circa il 40% della popolazione italiana ha riportato sintomi di ansia e depressione, con punte più elevate tra i giovani e le persone con problemi economici.
- Giovani: un’indagine dell'Istituto Superiore di Sanità (2021) ha rilevato che circa il 30% dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni ha sperimentato un disagio psicologico grave durante il periodo di lockdown.
Frequenza delle richieste di supporto psicologico
- 5,5 milioni di italiani (circa il 9% della popolazione) nel 2022 hanno richiesto un supporto psicologico, con un incremento del 20% rispetto al 2019, come segnalato dal Ministero della Salute e da indagini effettuate da associazioni come Psicologi per i Popoli.
- Consultazioni online: l'uso di piattaforme digitali per il supporto psicologico ha visto un'impennata durante la pandemia. Si stima che nel 2020 ci sia stato un aumento del 40% delle consulenze psicologiche a distanza rispetto all'anno precedente.
Accesso ai servizi di salute mentale
- Circa il 40% delle persone che soffrono di disturbi mentali in Italia non ricevono alcuna forma di trattamento psicoterapico o psichiatrico. Questo dato è stato confermato da un rapporto dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute Mentale (2021).
- In particolare, nelle regioni meridionali d'Italia, la carenza di servizi adeguati porta a una percentuale di persone non trattate che può arrivare fino al 50% in alcune aree, come la Calabria e la Sicilia.
Investimenti e risorse per la salute mentale
- Spesa per la salute mentale: nel 2020, la spesa sanitaria per la salute mentale in Italia ha rappresentato circa il 5,2% della spesa sanitaria totale. Si stima che questo valore sia aumentato negli ultimi anni, ma rimane comunque inferiore alla media europea, dove la spesa per la salute mentale raggiunge il 6,5% della spesa sanitaria complessiva.
- Professionisti della salute mentale: nel 2021 l'Italia contava circa 12.000 psichiatri e 40.000 psicologi. Tuttavia la distribuzione geografica dei professionisti è fortemente sbilanciata, con un numero più elevato di specialisti nelle regioni settentrionali rispetto al sud.
Disturbi tra i bambini e gli adolescenti
- Il 5-10% dei bambini e degli adolescenti italiani soffre di disturbi psicologici tra cui ansia, depressione e disturbi del comportamento. I dati relativi agli ultimi anni mostrano un incremento del 10-15% dei disturbi psicologici tra i minori, con un forte aumento dei disturbi da ansia e dei disturbi alimentari.
- Un’indagine condotta da Save the Children (2022) ha evidenziato che circa il 20% degli adolescenti tra i 14 e i 18 anni ha avuto pensieri suicidari o autolesionistici durante la pandemia.
Riforma della salute mentale e politiche pubbliche
- Nel 2019 il governo italiano ha stanziato un fondo di 100 milioni di euro per migliorare i servizi di salute mentale e potenziare la rete di centri di salute mentale territoriali come parte di un piano quinquennale di investimenti.
- La Legge 180/1978, che ha promosso la chiusura dei manicomi e il trattamento dei pazienti psichiatrici in strutture comunitarie, continua a essere una pietra angolare della politica di salute mentale, ma la sua attuazione completa è ancora una sfida, soprattutto nelle regioni meridionali.
Autolesionismo e suicidio
- 1.700 suicidi l'anno: la media annuale di suicidi in Italia è stata di circa 1.700 suicidi all'anno negli ultimi dieci anni, un dato preoccupante che colloca l'Italia tra i paesi con il tasso di suicidi più elevato d'Europa.
- Autolesionismo: circa il 10% degli adolescenti italiani è stato coinvolto in comportamenti autolesionistici, come riportato da un'indagine della Società Italiana di Psicopatologia.
Questi numeri evidenziano come la salute mentale in Italia sia un tema di crescente rilevanza, con sfide significative legate alla prevenzione, al trattamento e all'accesso alle cure, ma anche con segnali positivi di un'incrementata consapevolezza e attenzione pubblica a questi temi.
Raccomandazioni
Abbiamo visto che trovarsi in una situazione di disagio psicologico è, purtroppo, più comune di quello che possiamo immaginare, e già questo dovrebbe far sentire meno soli e dare fiducia nel cercare aiuto. Ma non sempre tutto è semplice e lineare e non in tutte le situazioni è automatico trovare la strada giusta verso la risoluzione del problema.
Cosa fare nel concreto se ci si ritrova a convivere con un malessere mentale? Qualche spunto:
- Promuovere l’innovazione clinica, scientifica e organizzativa necessaria a garantire risposte competenti, autorevoli e adeguate alle attuali forme di patologia.
- Promuovere la diffusione della cultura e delle competenze professionali per la realizzazione dei servizi orientati alla logica della salute mentale e alla riduzione dello stigma.
Le principali strategie e azioni da produrre sono quindi:
- Promuovere e sostenere lo sviluppo di un nuovo Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale, a valore nazionale, pur con i limiti dell’autonomia regionali derivati dalla riforma del Titolo V.
- Finalizzare la ricerca e la formazione specialistica all’innovazione del modello italiano di salute mentale di comunità con la produzione di raccomandazioni e/o linee guida e altri strumenti qualificati.
- Stabilire una forte interlocuzione istituzionale con i Ministeri della Salute, dell’Università e della Ricerca, dell’Economia e Finanza, e con la Magistratura.
È necessario sviluppare un Progetto Obiettivo Salute Mentale 2021-2030 che, partendo dall’analisi dello stato di salute della popolazione, indichi gli obiettivi per l’attuale decennio, con uno sguardo attento e sensibile agli attuali scenari precedentemente descritti. Un Progetto Obiettivo, basato sulle evidenze scientifiche, che superi quindi le posizioni ideologiche che segnano purtroppo il campo della salute mentale e che descriva una strategia di intervento per il pieno rilancio dei servizi per la salute mentale, con il riequilibrio e il superamento delle diversità regionali tuttora esistenti, e dell’attenzione dedicata alla sanità generale e alla salute psichica.
Note
(1) - American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: DSM-5. American Psychiatric Association.
(2) - www.diritto.it/diritto-salute-mentale-adulti-bambini-panoramica/
(3) - Rosa Y., Ahn-Horst, Florence T. Bourgeois, Mental Health–Related Outpatient Visits Among Adolescents and Young Adults, 2006-2019, 7 Marzo 2024, Boston
(4) - Bastianoni, P. (2020). La salute mentale nella società contemporanea: Politiche e pratiche terapeutiche. Carocci Editore
(5) - OCSE e Commissione europea, Health at a Glance: Europe 2022: State of Health in the EU Cycle (La sanità in sintesi: Europa 2022 – Ciclo "Lo stato della sanità nell'UE"), edizioni OCSE, Parigi, 2022.
(6) - Il manuale internazionale di psicodiagnostica più diffuso e accreditato “dell’American Psychiatric Association”, L’ultima versione è il DSM-V-TR, AA. VV., Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Dsm-5, American Psychiatric Publishing, 2013. L’altra classificazione dei disturbi mentali è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’ICD-10 (International Classification of Diseases) approvata nel 1990 durante la 43 Assemblea mondiale della Sanità dell’OMS e utilizzata a partire dal 1994.
Vincenzo “Bobò” Cannavacciuolo
“Ci può essere una grande bellezza in persone che la società ha etichettato come matte, down, e via dicendo...”. Queste parole riassumono bene il valore del teatro dell’attore e regista genovese Pippo Delbono. Parole che calzano a pennello quando si pensa a uno degli attori più conosciuti della compagnia di Delbono: Bobò. Con Pippo hanno recitato tanti attori bravi e dal passato illustre, ma nessuno era come Bobò, per alcuni semplici motivi: Bobò era sordomuto, affetto da microcefalia e con problemi di deambulazione e, inoltre, aveva trascorso circa 50 anni nel manicomio di Aversa, dove neanche sapeva cosa fosse, il teatro. Vincenzo Cannavacciuolo nacque in provincia di Caserta nel 1936: aveva un gemello, morto in tenera età. Assistette alla liberazione di Napoli, pochi anni prima di vedere, al contrario, l’inizio della sua personale prigionia. Nel 1952 venne infatti internato nel manicomio di Aversa. L’unico destino apparentemente possibile, per “quelli come lui”. Celati, nascosti agli occhi della società e confinati in spazi chiusi e dai quali si può uscire solo con grandi difficoltà. Calò un velo d’ombra sulla vita di Vincenzo, almeno fino al 1996.
L’incontro con Pippo Delbono, che si trovava nell’istituto di Aversa per un laboratorio teatrale, cambierà la vita di Bobò. E anche quella di Pippo, che notò immediatamente questo ometto piccolo ma dal volto incredibilmente espressivo, sempre sorridente ed estremamente pacifico. Un incontro prezioso in un momento in cui il regista usciva da un periodo difficile dal punto di vista personale. Bobò lo attendeva ogni mattina con una bandierina. Adorava le bandiere, specie quelle delle squadre di calcio. Poi, ogni sera, lo riaccompagnava all’uscita. Finché, un giorno, andarono via insieme. Da allora, Bobò entrò stabilmente nella compagnia teatrale di Pippo Delbono, assunto con regolare contratto e con ruoli sempre di primo piano in ogni spettacolo, sin da uno dei primi, “Barboni”, nel quale recitò come protagonista assoluto.
Perché Bobò non parla, ma ogni suo gesto è poesia; non sente, eccetto alcuni toni molto bassi, ma è sempre attento e non sbaglia mai una scena; non è normodotato ma ha un’espressività più unica che rara. In scena sa essere un boxer, un mafioso, un clown, un sindaco, un prete, un calciatore. È la grande bellezza citata sopra, è un urlo di rabbia contro l’ottusità delle istituzioni psichiatriche, che sopravvive nonostante il tempo sia andato avanti, nonostante Franco Basaglia e la riforma, nonostante i pregiudizi. Bobò, Pippo e tutta la compagnia girano il mondo, visitano l’America Latina, l’Asia e tutti i continenti. E persino la Palestina, in un’esperienza tra guerra e speranza, tra teatro e bombe. Il teatro rimarrà per sempre la sua vita, fino all’ultimo spettacolo, “La Gioia”. Più precisamente fino al primo febbraio del 2019, quando Bobò lasciò per sempre questo mondo. La sua eredità sono i sorrisi, i personaggi e la bellezza che è stato in grado di regalare al mondo.