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Salute e libertà terapeutica

Il punto della situazione


Ritorno alle disparità. Nascere, vivere, morire: verbi il cui declinarsi concreto è condizionato in modo sensibile da fattori come regione di residenza, genere, classe sociale, età, etnia, a dispetto del quadro normativo su cui si impernia il SSN. Le differenze si sono ripresentate, acuite, dopo la pandemia che ha comportato ampi stravolgimenti nell’organizzazione dei servizi e nella distribuzione delle risorse. Le verifiche annuali sull’erogazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), pensati per garantire standard uniformi di prestazioni su tutto il territorio nazionale, regolarmente evidenziano differenze significative, confermate anche dai dati elaborati con il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), relativi al 2021, ancora segnato dall’emergenza Covid. Delle sette Regioni che non raggiungono il livello di sufficienza rispetto agli standard stabiliti, cinque appartengono al gruppo sud e isole (Molise, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) e due al nord (Valle d’Aosta e provincia di Bolzano). Questo significa che a 14.108.026 persone residenti nella macroregione sud e isole e 659.031 al nord, equivalenti a circa un quarto del totale della popolazione italiana(1), non hanno ricevuto le prestazioni previste dai LEA in misura sufficiente. Tra i 22 indicatori NSG per valutare l’assistenza sanitaria erogata dalle Regioni (sottoinsieme CORE) figura la percentuale dei malati di tumore assistiti dalla rete di cure palliative sul totale dei morti di tumori che vede ai due estremi il Veneto (56.15%) e la Calabria (4.52%) e la percentuale di donne sottoposte a screening per il tumore al seno (Provincia di Trento: 96.95%; Calabria: 2.46%). Dal Piano Nazionale Esiti 2022 (PNE) si ricavano dati sulle nascite: nel 2021 permane l’eccesso di parti cesarei - al di sopra della soglia rilevata dall’OMS nel 1985 (10-15%) oltre la quale non si evidenzia un ulteriore calo di mortalità materna e infantile, e dal DM 70/2015 che fissa la soglia, per i cesarei al primo parto, al 25% per i punti nascita con più di 1.000 parti/anno e al 15% per le maternità al di sotto dei 1.000 parti – soprattutto nelle regioni del sud, a cominciare dalla Campania. Permane inoltre alto in Italia il numero (137 su 442 totali) di punti nascita con meno di 500 parti/anno, associati, in particolare, a più elevati rischi per il nascituro. I nuovi LEA del 2017 (DPCM 12/01/2017) hanno visto trascorrere anche il 2022 senza trovare ancora alcuna applicazione, in assenza degli stanziamenti necessari a finanziarne l’erogazione. Sono quindi in attesa anche le cure odontoiatriche per chi sia in condizioni di vulnerabilità sociale e rinvia o rinuncia alle cure per problemi economici. Sono invece stati reperiti i fondi per ridurre l’IVA su presidi indispensabili per la salute durante le mestruazioni: nel 2020 (L. 157, 19/12/2019, art. 32 ter) è stata ridotta dal 22 al 5% per coppette mestruali, assorbenti compostabili e biodegradabili, nel 2022 (L. 234, 30/12/2021), è passata al 10% per tutti gli altri assorbenti. Rimane invece al 22% l’IVA sugli assorbenti per l’incontinenza non dispensati dal SSN, condizione che si stima affligga in Italia oltre 5 milioni di persone, in prevalenza donne, soprattutto nella fascia di età più giovane (45 anni). Peraltro, per questa condizione ancora ammantata da vergogna, le stime sono probabilmente al ribasso e i programmi per prevenzione, fisioterapia e cura stentano a partire. Cure odontoiatriche e adeguata presa in carico per gli incontinenti sono solo due possibili esempi di quanto il SSN sia inadempiente nel garantire l’equo accesso al diritto alla salute, comprovato anche dal volume di spese sanitarie riportate in dichiarazione dei redditi per la detrazione fiscale (19%) nel 2021: € 37, 16 miliardi, oltre 9 miliardi in più di quanto rilevato dalla Ragioneria di Stato per il 2016. Va ricordato che sono escluse da questi importi tutte le prestazioni pagate da chi non ha modo di avvalersi delle detrazioni fiscali e che i parafarmaci (es. gli integratori vitaminici, spesso prescritti agli anziani) non sono detraibili. Della spesa sostenuta direttamente dai cittadini nel 2021, ben il 46,1% è stato destinato a visite ed interventi, un’ulteriore spia del crescente ricorso a strutture alternative al SSN le cui liste d’attesa hanno subito l’impatto della pandemia. In proposito la Corte di Conti rileva quanto vada a rilento, soprattutto al sud, l’attuazione dei piani previsti e finanziati per recuperare le prestazioni (interventi chirurgici, screening, prestazioni ambulatoriali) posticipate a causa della pandemia. L’analisi della spesa dei fondi resi disponibili (500 milioni totali) rivela un quadro variegato per la quantità di ricorso al privato accreditato (Puglia: 93%; Marche e Molise: 0%), ma anche per quanto speso sul totale disponibile: il 69% come media nazionale, ma con significative differenze tra macroregioni (Nord, 92%; Centro, 57%; Sud, 41%). Sintomo del decadimento del SSN sono i medici a gettone presenti su quasi tutto il territorio nazionale, provocato anche dal tetto di spesa per il personale sanitario introdotto nel 2004 e reiterato fino al 2019, un fenomeno che incide anche sulla qualità delle cure.


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In un 2022 segnato dal ritorno alla normalità, anche gli incidenti sul lavoro hanno ripreso a mietere vittime nei consueti ambiti: di 746 morti, 143 sono avvenute nel settore costruzioni e 126 in quello dei trasporti e magazzinaggio. Il campo di azione del SSN, che pure dovrebbe occuparsi della tutela della salute nei luoghi di lavoro e quindi di prevenzione, pare limitato al dopo incidente, purtroppo. È significativo che nell’insieme degli indicatori NSG questo settore sia inserito tra i NO CORE (P07Ca: Denunce di infortunio sul lavoro; P07Cb: Infortuni sul lavoro riconosciuti) e siano alimentati da dati Inail, ente, peraltro, la cui platea non include oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori.

Il ritorno alla normalità ha colpito anche il Fascicolo Sanitario Elettronico che continua ad essere poco utilizzato, in particolare dai medici, in tutta Italia, nonostante sia ormai esiguo il numero di cittadini a non averlo attivato.

Quanto al tema della libertà terapeutica, nel 2022 non è stata attivata la campagna informativa sulle DAT che avrebbe dovuto essere svolta entro l’aprile del 2018 (l. 219/2017, art. 4, c. 8). È stata creata la Banca dati DAT, ma il sito non offre informazioni su quante siano le Disposizioni depositate o sulla frequenza delle consultazioni. I dati rilevati dall’associazione Coscioni riflettono l’assenza di informazione: solo una persona maggiorenne su 215 avrebbe depositato le DAT e non sempre queste sarebbero state trasmesse alla Banca Dati nazionale. Sul tema del fine vita è nuovamente intervenuta la Corte costituzionale che ha dichiarato inammissibile il referendum per l’eutanasia legale e rimandato nuovamente la questione del fine vita al parlamento. Il suicidio assistito, alle condizioni previste dalla Corte costituzionale, trova ostacoli nelle procedure in capo alle Asl, come nel caso di Federico Carboni, il primo ad aver esercitato questo diritto.

Dato l’orientamento del Parlamento dopo le elezioni del 25 settembre 2022 è difficile immaginare che si giunga alla legalizzazione della cannabis ad uso ricreativo in questa legislatura. Sulla domanda di cannabis ad uso terapeutico, in forte crescita – il totale ufficiale è passato da 58,59 kg del 2014 a 1560,68 del 2022 – grava la dipendenza dall’importazione, visto che lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze, ancora l’unico produttore italiano autorizzato, è arrivato al picco di 277,515 kg nel ’21, scesi a 235,39 nel ’22.

Altrettanto difficile pare l’inserimento nel curriculum scolastico dell’educazione alla sessualità e all’affettività, nonostante i dati - tra gli altri quelli sui reati denunciati e sulle malattie sessualmente trasmesse - ne suggeriscano la necessità.


Raccomandazioni


• Aumentare i fondi stanziati per il SSN per coprire i maggiori costi legali all’inflazione e colmare il divario tra regioni sull’accesso alle cure;

• Approvare una legge sul fine vita e giungere alla piena applicazione delle norme sul DAT;

• Aumentare l’attenzione sulla relazione al Parlamento sullo stato di attuazione delle cure palliative;

• Promuovere una raccolta dati accessibile e aggiornata sulla condizione di invalidità;

• Implementare il ricorso al Fascicolo sanitario elettronico;

• Istituire corsi di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole come forma di prevenzione alla violenza e alle malattie sessualmente trasmissibili;

• Potenziare la medicina generale;

• Ridurre la dipendenza da fornitori esterni per l’approvvigionamento della cannabis terapeutica, anche tramite affidamento a privati



Note


(1) - Dati ISTAT, Popolazione residente e dinamica demografica Anno 2021, https://www.istat.it/it/files//2022/12/CENSIMENTO-E-DINAMICA-DEMOGRAFICA-2021.pdf

Susanna Zambruno Martignetti

Susanna Zambruno Martignetti

(? - 2016)
“QUESTA È UNA COSA CHE FACCIO PER ME”: LA SCELTA DI SUSANNA, AFFETTA DA SCLEROSI MULTIPLA CHE HA DECISO LA VIA DEL SUICIDIO ASSISTITO

Una vita in schiavitù, questo era quello che sentiva Susanna. Una schiavitù a cui è impossibile ribellarsi, catene che non possono essere spezzate, catene che la tenevano prigioniera del proprio stesso corpo. Susanna combatteva contro la sclerosi multipla da ormai 25 anni; era la consapevolezza a farla da padrone nella sua mente, o almeno così sembra a leggere le sue interviste, a chi quel turbine di sentimenti non può nemmeno immaginarlo. Consapevolezza dell’inutilità di qualsiasi tentativo di ribellione alla malattia, e poi consapevolezza dell’impossibilità anche di tentare una via di fuga diversa. La legge non lo permette, persone che non conoscono quelle catene hanno deciso che non si può e non si deve fuggire. Per dignità? Per non offendere niente e nessuno? Chi lo sa.

Susanna non ne poteva più di quelle catene, e la sua determinazione alla fine si rivelò più forte della volontà che altri volevano e vogliono imporre a lei e a quelli che sono oppressi dalla sua stessa schiavitù.

Scelse per sé, scelse ciò che riteneva la via migliore, contro chi avrebbe voluto decidere al posto suo, forse (questo noi non possiamo saperlo) anche contro chi le è stato accanto, comprendendo la sua volontà e dando tutto l’amore che merita una madre, una donna, una combattente, rischiando paradossalmente di subire dure conseguenze una volta portata fino in fondo la sua scelta.

Susanna se ne è andata un 7 marzo, ma per farlo è dovuta andare fino in Svizzera, solo per compiere la propria volontà, sul proprio corpo e sulla propria vita, possibilità che le era stata tolta dalla malattia prima, e dalla legge poi. A chi legge la sua storia senza esserle stato accanto resta un senso di consapevolezza, la consapevolezza della necessità di un diritto, della voglia - forse addirittura del bisogno - di decidere per sé, e quindi dell’impossibilità di decidere per gli altri.