Il punto della situazione
In un quadro ancora profondamente caratterizzato da un elevato livello di discriminazione nei confronti delle comunità di origine rom e sinta, il 2022 non può che non essere ricordato per la predisposizione della Strategia Nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti (2021-2030), in linea con quanto stabilito dalla Raccomandazione (2021/C 93/01) della Commissione Europea. Già nel 2012 l’Italia, secondo le indicazioni della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011 “Un quadro europeo per strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020”, aveva varato una prima Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti da svolgersi entro il 2020, in accordo con altri Paesi membri aderenti e con le raccomandazioni espresse da altri organismi internazionali di tutela dei diritti umani. L’elaborazione di tale strategia portò alla designazione dell’UNAR (Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali) come punto di connessione principale per il coordinamento degli interventi da declinare a livello nazionale, regionale e locale. Nel corso degli anni, però, sono emerse delle macro-criticità legate, per esempio, al sistema di governance previsto, rivelatosi di difficile attuazione. Non è stato, infatti, sviluppato un adeguato coordinamento politico, in quanto le decisioni in merito all’amministrazione e ad azioni politiche concrete sono state lasciate alla sola discrezione dei governi regionali e locali. L’aggravante maggiore in ambito politico è stato il mancato riconoscimento giuridico dello status di minoranza della comunità rom e sinta. Infine, il già difficile quadro socio-politico ed economico si è inasprito a causa delle conseguenze della pandemia da COVID-19, che ha reso una parte della comunità rom e sinta maggiormente marginalizzata, in particolare nell’accesso all’occupazione, alla formazione professionale, alla salute e all’educazione, nonché livelli di discriminazione e antiziganismo elevatissimi. Su questa base la Commissione Europea, nell’ottobre 2021, ha sollecitato gli Stati membri ad elaborare una nuova Strategia Nazionale di intervento di durata decennale.
Il documento della nuova Strategia è strutturato in 4 sezioni interconnesse tra loro. Nel primo capitolo si elencano le principali criticità emerse nel precedente quadro strategico, così come i principi e le priorità nazionali in merito alla condizione attuale di Rom e Sinti in Italia. Il secondo capitolo è dedicato ai nuovi modelli attuativi di "Governance e Partecipazione", con un'attenzione particolare dedicata al ruolo della Piattaforma Nazionale e del Forum delle Comunità. Nel terzo capitolo "Aree tematiche" sono illustrati i 6 assi principali su cui ruota l'impianto della nuova Strategia Nazionale (Antiziganismo, Istruzione, Occupazione, Abitazione, Salute, Promozione culturale). Per ognuno di essi, sono definiti i relativi indicatori e target, al fine di indirizzare strategicamente gli interventi governativi e monitorare i risultati ottenuti previsti entro il 2030. Il quarto e ultimo capitolo è dedicato ai "Processi di intervento" trasversali, ovvero quelli di genere mirati a promuovere l’empowerment e la partecipazione sia delle donne che dei giovani rom e Sinti, e quelli giuridici al fine di ottenere il riconoscimento dello status di minoranza. Per ciascuno dei sei assi, sono definiti degli interventi ben specifici per contrastare prima di tutto la discriminazione, attraverso misure volte a favorire l’uguaglianza, combattere l’antizaganismo e l’esclusione sociale ed economica, nonché le loro cause più profonde. Sono delineati, poi, interventi su “famiglie e scuola” per evitare la dispersione scolastica di tutti i Rom e Sinti, affinché abbiano un accesso equo e continuativo a tutte le loro fasi di istruzione ed apprendimento. Non mancano obiettivi chiave per favorire politiche abitative e occupazionali in nome dei diritti all’abitare e all’accesso ad un’occupazione sostenibile e di qualità. La Strategia Nazionale 2021-30, riserva, per di più, un’attenzione specifica all’assistenza sanitaria e all’accesso a servizi socio-sanitari di qualità. L’ultimo asse portante è quello della promozione culturale, con l’obiettivo di costruire narrazioni positive sugli aspetti culturali e storici delle comunità. I processi di progettazione sono regolati da una governance multilivello e multi-stakeholder strutturata in una rete di connessione tra città metropolitane e comuni coordinata dal Punto di Contatto Nazionale.
Obiettivo specifico di questo network è l’ideazione e l’attuazione di Piani d’Azione Locale (P.A.L.) mediante il diretto coinvolgimento delle comunità rom e sinte e l’accesso ad adeguate misure di finanziamento. La sostenibilità finanziaria è raggiungibile attraverso la pubblicazione di bandi pubblici, sistemi di co-progettazione e co-finanziamento definiti sulla base dei risultati e degli esiti delle progettualità. Le risorse economiche allocate per la realizzazione degli impegni della Strategia nazionale Rom e Sinti 2021-2030 ammontano a circa € 15.000.000.00 a carico del PN Inclusione 2021-2027. La nuova Strategia, infine, presenta una Scheda di rilevazione delle azioni del Programma Nazionale Inclusione che rientra nell’Obiettivo Strategico 4 “Un’Europa più sociale e inclusiva attraverso l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali”, Obiettivo specifico J, “Promuovere l'integrazione socioeconomica delle comunità emarginate come i Rom (FSE+)”.
Raccomandazioni
- Monitorare l’attuazione della Strategia Nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti (2021-2030), sostanziandone gli assi portanti a cominciare dall’accesso alla casa per chi ancora vive in condizioni di precarietà e marginalità abitativa.
- Agire per il riconoscimento giuridico dello status di minoranza della comunità rom e sinta.
- Intervenire con provvedimenti di ambito nazionale la questione della regolarizzazione delle famiglie di origine balcanica.
- Aprire un costante confronto tra le amministrazioni centrali, regionali e comunali per favorire lo scambio di buone pratiche locali e costruire e consolidare interventi sistemici e integrati alle risorse territoriali.
Amilcare “Taro” Debar
Ci sono molti motivi per i quali un uomo può impugnare un fucile. Amilcare ne aveva diversi. Innanzitutto perché combattere il fascismo, negli anni della Seconda guerra mondiale, era un imperativo morale per tutti coloro che volevano lottare per un mondo più giusto. E negli inverni del 1943 e del 1944 la scelta, per lui e per molti altri piemontesi, era chiara: o con i repubblichini o con i partigiani, sulle montagne. Ma per Amilcare la questione era più complessa. Lui era un sinti, uno “zingaro”. La sua gente i nazifascisti la stavano mandando nei lager, stessa sorte di ebrei, omosessuali, oppositori politici.
Amilcare, nome di battaglia “Corsaro”, ne aveva diversi di motivi per imbracciare un fucile.
Eppure il secondo da noi menzionato, per lui, non era certo scontato. Nato nel 1927 nel torinese, crebbe senza i genitori in un orfanotrofio.
Questo tagliò, in un certo senso, i legami con la sua eredità culturale sinti, ma non la voglia di lottare per la libertà, che lo portò a salire sui monti con la 48esima Brigata Garibaldi a soli 17 anni. Era un ragazzino e, come molti altri coetanei, svolse un ruolo essenziale come staffetta. Ma era un guerrigliero, Taro, e ben presto passò al ruolo di combattente vero e proprio, facendosi valere nei violenti scontri che coinvolsero il Piemonte nell’inverno a cavallo tra il 1944 e il 1945, tra le Langhe, dove conobbe anche Sandro Pertini. Infine partecipò alla liberazione di Torino, nell’aprile del 1945. Arrivò la vittoria, o almeno una delle vittorie. Perché nel frattempo, come detto, vi era stato il “Porrajmos”, l’Olocausto degli zingari. Oltre mezzo milione di rom, sinti e appartenenti ad altre popolazioni nomadi erano morti nei campi di sterminio nazisti. L’emergere di questo orrore fece nascere in Taro la necessità di ricollegarsi alle proprie origini, alla propria famiglia, al proprio popolo. Terminato il conflitto si arruolò in un primo momento nelle forze di polizia, e proprio durante questo periodo riscoprì in parte le proprie origini, quando durante un controllo si trovò per le mani, per puro caso, alcuni documenti riguardanti la sua famiglia e i suoi genitori. Decise una volta per tutte di abbandonare il suo ruolo per proseguire con tutte le sue forza la lotta per i diritti di rom e sinti.
“Non importa chi siamo, né da dove veniamo, né in che modo viviamo. Siamo tutti uomini.”
Queste poche parole erano le linee guida del suo pensiero, che lo portarono ad attivarsi per tutto il resto della sua vita per questa causa. Andò a vivere in un campo nomadi dove riscoprì le tradizioni e la vita del suo popolo, si batté a livello istituzionale - e non solo - per il riconoscimento dei diritti di rom e sinti, tra tutti il diritto all’istruzione. Incontrò due presidenti della Repubblica - Saragat e Pertini - e arrivò fino all’Unione Europea e alle Nazioni Unite.
Era cresciuto lottando e morì lottando, Amilcare, nel novembre del 2010. “Siamo tutti uomini”, disse, e per tutti gli uomini visse lottando, sempre schierato con fierezza dalla parte degli ultimi e degli oppressi.