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Pluralismo religioso

Il punto della situazione


Se anche nel 2022 la retorica dell’invasione dei e delle migranti è stata smentita dai dati statistici che ci indicano un sostanziale assestamento, nell’ultimo quinquennio, del numero dei cittadini e cittadine straniere residenti in Italia, lo stretto legame tra migrazioni e religioni ha continuato a caratterizzare il dibattito pubblico, sotto forma di evocazione del rischio di sostituzione etnica. il tema non è nuovo e riguarda una più ampia tendenza delle politiche delle destre europee ad utilizzare la retorica della paura verso la diversità come strumento di coesione intorno a valori tradizionali e l’identità religiosa come collante sociale, da difendere contro la presunta volontà di affermazione di valori disgreganti. È il fenomeno che va sotto il nome di populismo religioso, che fornisce all’omologo politico strumenti simbolici e contenuti pseudo identitari contrari ad ogni visione pluralistica della società. Non deve, pertanto, stupire come il 2022, anno fortemente caratterizzato dagli eventi politici legati al confronto elettorale, in cui il maggiore partito della destra italiana ha raggiunto risultati particolarmente rilevanti, il tema della difesa delle tradizioni religiose e identitarie sia stato centrale nel discorso politico. Il progetto politico della destra meloniana ha, infatti, pubblicamente riaffermato l’utilizzo dei riferimenti al conservatorismo religioso, elevandolo a disegno politico globale. Ne è riprova il ritorno prepotente nel dibattito pubblico del tema della famiglia tradizionale e delle politiche a favore della natalità, da contrapporre alle ricette di risoluzione delle questioni demografiche tramite una gestione condivisa del fenomeno migratorio.

Questa visione si è inserita nel più ampio schema politico e narrativo delle destre transnazionali, in cui l’Italia ha da tempo un ruolo essenziale, consolidatosi con i risultati politici prima richiamati.

Come rilevato da osservatori nel campo dei diritti umani, le politiche anti immigrazioniste della destra italiana si sono poste al punto di intersezione con narrazioni islamofobiche e ostili alle minoranze etniche e religiose. Tali dati si concretizzano soltanto nelle questioni più strettamente attinenti all’odio on line e all’hate speech religiosamente orientato, su cui questo report per l’anno 2021 si è particolarmente soffermato. Per il 2022 segnaliamo il Report sui crimini d’odio registrati in Italia e prodotto dall’OSCE. Anche in tema di antisemitismo, la Relazione annua dell’Osservatorio antisemitismo della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea fornisce dati importanti: 241 episodi di di diversa natura, dalle aggressioni fisiche alle minacce pubbliche e private, non soltanto in rete. Rileva l’Osservatorio come la situazione di crisi economica e disagio diffuso presenti nel Paese favoriscano “il riemergere di attitudini razziste, xenofobe e antisemite”.

Lo spirito di contrasto al riconoscimento dei pieni diritti in materia di libertà religiosa ha continuato a manifestarsi nel 2022 anche attraverso le numerose difficoltà che le comunità musulmane e altre comunità religiose a background migratorio hanno incontrato nell’apertura dei luoghi di culto, così come nell’assegnazione di aree cimiteriali e nel rispetto dei principi religiosi all’interno delle strutture di cura. Il Rapporto sulla libertà di religione in Italia nell’anno 2022, redatto come ogni anno dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, compie un censimento di tali difficoltà, individuando anche esperienze locali positive, che indicano un leggero ma significativo miglioramento nelle interlocuzioni tra religioni e amministrazioni di livello intermedio. Lo stesso Rapporto compie una generale ricognizione del quadro giuridico italiano in materia di rapporti con le confessioni religiose, rilevando una sostanziale stabilità. Il dato non è da interpretare esclusivamente quale segno di un trend positivo. Lo stesso si inserisce, infatti, nella storica difficoltà di dotare l’Italia di una legge generale sulla libertà religiosa. Ciò nonostante, devono essere rilevate positivamente tutte quelle manifestazioni di interesse e di dialogo tra religioni e istituzioni, atte a colmare le lacune dell’ordinamento giuridico in tema di riconoscimento e affermazione dei diritti di libertà, uguaglianza e laicità.

Sotto questo ultimo aspetto non possono non rilevarsi i dati relativi al costante calo nella frequentazione dell’ora di religione nelle scuole pubbliche. Nel 2022 il Ministero dell’Istruzione ha rilevato che nel corso dell’anno scolastico 2020/2021 circa un milione di studenti e studentesse ha scelto di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Qui sono consultabili dati articolati in ordine alle differenze territoriali e di tipologie di istituti. Con riguardo all’anno scolastico 2021/2022 la Conferenza Episcopale Italiana ha messo a disposizione propri dati i quali, non scevri dalla necessità di una valutazione congrua e imparziale, sembrano raccontare di un Paese in cui l’ora di religione continua ad essere la scelta della gran parte della popolazione giovanile, con una quota tuttavia rilevante di giovani non avvalentisi ed evidenti differenze territoriali (i non avvalentisi nelle regioni del Nord raggiungono il 29,98%, a fronte del 3,79% per le regioni del Sud). Ciò che preme rilevare è che il nuovo pluralismo religioso e culturale italiano necessita sempre più di essere preso in considerazione nelle politiche scolastiche di inclusione ed educazione alla diversità. Un tema che necessiterebbe di un forte investimento culturale ma che rischia di ricadere nelle dinamiche di scontro politico religiosamente orientato.



In chiusura di questo aggiornamento è necessario menzionare un ulteriore elemento di preoccupazione per la tutela dei diritti dell’ordinamento democratico. Si intende far riferimento all’attacco che i diritti riproduttivi e i diritti civili, primi tra tutti quello all’interruzione volontaria di gravidanza e all’autodeterminazione di genere, stanno subendo da tempo e con particolare attenzione con l’inizio della nuova legislatura. Ne sono esempio le proposte e i disegni di legge per la modifica dell’art. 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito, primi atti parlamentari compiuti con l’insediamento delle nuove assemblee. Ma ne è esempio anche lo scontro politico che la normativa sull’interruzione volontaria di gravidanza ha provocato con l’affermarsi di una nuova visione governativa. Anche il tema dei diritti delle coppie lgbtqIa+ continua ad essere centrale per l’agenda della destra politica, con evidenti ricadute in termini di restrizione di diritti per persone e famiglie. Anche questi temi devono essere inquadrati sotto la lente di lettura dell’affermazione di un universo religioso – valoriale di tipo ultraconservatore, che chiama allo scontro di civiltà con visioni laiche e democratiche acquisite al patrimonio giuridico di questo Paese, attualmente messe in forte pericolo.



Raccomandazioni


  • Occorre adottare un approccio legislativo, sia a livello nazionale che a livello territoriale, che si occupi di tutelare le comunità religiose che continuano ad avere meno diritti in un’ottica che sia inclusiva e non più repressiva.


  • Occorrono misure di promozione dell’integrazione e di valorizzazione delle diversità religiose e culturali nei contesti scolastici.


  • Occorrono misure di limitazione della possibile ingerenza di gruppi di pressione ultraconservatori sui diritti civili universalmente acquisiti.
Gianavello

Gianavello

(Rorà 1617 - Ginevra 1690)
LA LOTTA, LA RESISTENZA E L’ESILIO: LA VITA DI GIANAVELLO, L’EROE VALDESE CHE GUIDÒ LA RESISTENZA PROTESTANTE CONTRO GLI STERMINI DEI SAVOIA NEL SEICENTO

Il confine tra la definizione di bandito ed eroe è molto labile, e lo è sempre stato. Anche e soprattutto nelle zone montane e impervie, come ad esempio le valli piemontesi, un luogo di confine, spesso più di incontro che di scontro. Un luogo di Resistenza.

Nel Seicento la riforma protestante aveva circa un secolo. Le valli più occidentali del Piemonte vedevano al loro interno una fortissima presenza di comunità valdesi; in particolare, le valli Pernice, Germanasca e Chisone diventeranno note, appunto, col nome di “valli Valdesi”. Ma spesso nella storia le minoranze - in questo caso religiose - diventano il bersaglio di classi dirigenti alla ricerca di facili consensi. Questo fu il caso proprio delle comunità valdesi piemontesi, che verso la metà del diciassettesimo secolo furono vittime di vere e proprie campagne di sterminio. Iniziate con provvedimenti di Carlo Emanuele II di Savoia che limitavano gli spostamenti e la libertà di culto, tali campagne proseguirono con veri e propri massacri degli abitanti delle valli, con l’uccisione da parte dei soldati piemontesi di circa 2000 valdesi.

Ma alla cieca brutalità dei Savoia i valdesi risposero con determinazione. In particolare, la resistenza venne guidata in gran parte da Giosuè Janavel (spesso italianizzato in Gianavello): un personaggio che ancora oggi viene ricordato come un eroe nelle Valli, mentre - inutile a dirsi - venne ben presto definito “bandito” a Torino. Gianavello era figlio di contadini, personaggio di spicco della Chiesa valdese e audace comandante militare. Anzi, era quello che oggi si definirebbe un guerrigliero: conscio di non poter battere il Ducato in campo aperto, sfruttò la profonda conoscenza delle valli e delle montagne per sfiancare l’esercito dei Savoia. Le sue azioni presto lo resero famoso anche oltralpe, e furono molti i volontari che si unirono alle sue truppe. Per tutta l’estate del 1655 tenne in scacco gli uomini di Carlo Emanuele, che trovandosi in difficoltà accettò la mediazione del Re di Francia per la risoluzione del conflitto. Le cosiddette “Patenti di Grazia”, firmate il 18 agosto del 1655, concessero maggiore libertà e diritti ai valdesi e liberarono numerosi prigionieri. Ma i Savoia puntarono i piedi per quanto riguardava la condizione dei “banditi”, che tanto avevano combattuto per difendere le proprie terre e i propri cari da un’insensata violenza motivata solo da una fede differente. E così Gianavello e molti degli altri combattenti furono costretti all’esilio da quelle terre per le quali avevano dato il loro stesso sangue. Gianavello riparò quindi a Ginevra, in Svizzera, dove si attivò soprattutto tra i valdesi espatriati oltre confine. Pare che almeno in due occasioni rientrò - illegalmente - nelle sue terre, mentre in Svizzera si adoperava affinché i rifugiati potessero, un giorno, tornarvi regolarmente. Ormai anziano e malato, anche quando una nuova crisi investì le valli valdesi tra il 1685 e il 1686 fu, a suo modo, in “prima linea”: inviò consigli, istruzioni, suggerimenti agli abitanti delle valli, e la sua casa svizzera divenne un centro di coordinamento della resistenza valdese. Infine, nel 1689, organizzò il rientro di gran parte degli esuli nelle valli. Lui, a causa delle sue precarie condizioni di salute, non vi prese parte, e morì nel marzo del 1690.