Il punto della situazione
Le politiche sulla condizione minorile - ispirate ancora negli ultimi anni alla tutela del minore e al perseguimento del suo superiore interesse – vanno subendo un drastico cambio di passo. La tutela ha lasciato spazio all’allarme sociale; il principio-guida del superiore interesse, capace di assicurare al minore trattamenti giuridici differenziati (il minore, si dice spesso, è persona in formazione), cede a iniziative normative che, pur in diversi ambiti, tornano ad avvicinarlo al maggiore d’età e a sottoporlo così a regimi giuridici pensati per stadi diversi della vita (per i non-minori, per l’appunto). Queste iniziative incidono in particolare, senza sorpresa,sulla materia penale e sulla disciplina dell’immigrazione.
L’anno 2023 è stato segnato anzitutto dal Decreto-legge 15 settembre 2023, n. 123, noto alla cronaca come “Decreto Caivano” (in corso di conversione al momento in cui si scrive). Il decreto si propone di introdurre, così nell’intestazione, “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, a seguito di un episodio di violenza sessuale verificatosi nel mese di agosto nel comune campano di Caivano. Più precisamente, il decreto si divide in quattro nuclei di intervento: il primo consiste in misure di risanamento infrastrutturale di esclusivo interesse del comune di Caivano; il secondo e il quarto, più cospicui, intervengono sulla materia della “sicurezza” e della “prevenzione della criminalità giovanile” (il quarto più specificamente per l’ambito digitale), mentre il terzo interviene in materia di istruzione. Il Decreto Caivano desta diverse perplessità. A tacere del carattere simbolico dell’intervento(1) e dell’investimento politico che la compagine governativa sembra voler dedicare al “caso Caivano” – caso pivot, in questo senso, strumentale a una politica che supera ampiamente i confini dell’episodio di cronaca - vale la pena di sottolineare che entrano nell’ordinamento il daspo urbano sin dai 14 anni e l’ammonimento orale; si inasprisce la sanzione nei confronti degli esercenti la potestà genitoriale in caso di mancato rispetto dell’obbligo scolastico; infine si estendono i casi di applicazione della custodia cautelare al soggetto minorenne. Quest’ultima misura, in particolare, entra in contraddizione con la linea più protettiva del minore, che mira a fare della custodia cautelare e più in generale della reclusione in carcere una extrema ratio. Come segnalato dall’Autorità Garante per l’Infanzia, il sistema della giustizia minorile in Italia può contare su prassi alternative alla carcerazione – diversion, probation etc. - più efficaci e tutelanti. D’altra parte, aumentare le possibilità di ingresso dei minori in carcere significa esporli alle mancanze del sistema penitenziario nella sua interezza. Ancora la Garante: “La vera emergenza non è quella di prevedere un maggiore ricorso al carcere, ma quella di potenziare le strutture, sia carcerarie che comunitarie, per renderle luoghi di efficace e reale recupero dei minorenni”.
Il secondo intervento che conviene considerare è il Decreto-Legge 5 ottobre 2023, n. 133, noto anche come “Decreto Migranti”. Il provvedimento ha per obiettivo di inasprire i controlli sui flussi migratori in direzione dell’Italia; flussi, è bene rammentarlo sempre, che interessano il legislatore perlopiù nella misura in cui si compongono di una popolazione ritenuta poco attrattiva per il paese, e meritevole di una politica di contenimento territoriale – fuori dal territorio nazionale, come anche al suo interno - dai tratti apertamente razzisti. A questo proposito, non stupisce l’introduzione di criteri più stringenti in materia di nuove domande di protezione internazionale, qualificate anche come “reiterate”: l’esame della nuova domanda spetta ora al Questore, sentita la Commissione territoriale, e non interrompe la procedura di allontanamento dal territorio (art. 3); allo stesso modo, pare coerente con l’indirizzo di governo testé ricordato la previsione di una caducazione delle domande quando il richiedente “non si presenta presso l'ufficio di polizia territorialmente competente per la verifica dell'identità dal medesimo dichiarata e la formalizzazione della domanda di protezione internazionale” (art. 4). Aspetto più sorprendente è invece l’attenzione destinata ai minori stranieri non accompagnati – nati come categoria di tutela dalla Legge 7 aprile 2017, n. 47, ora attratti invece alla sfera del controllo. È vero che un precedente importante poteva già ravvisarsi nel Decreto-Legge 10 marzo 2023, n. 20 (cosiddetto “Decreto Cutro”), lì dove si limitavano le possibilità di conversione dei rispettivi permessi di soggiorno. Il Decreto Migranti prevede però che, mancando strutture ricettive appositamente dedicate, il prefetto possa disporre l’inserimento del minore in centri destinati agli adulti, in aperto contrasto con la normativa europea e italiana in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (in particolare: l’art. 19, comma 1, D.Lgs. 142/2015 e gli artt. 23 e 24 della Direttiva n. 2013/33/UE). Condizioni del provvedimento sono la sussistenza di un dubbio sull’età del minore che appaia superiore ai sedici anni e una durata del collocamento non superiore ai novanta giorni.
Raccomandazioni
- abrogare le misure in materia di sicurezza e di custodia cautelare dei minori del cosiddetto Decreto Caivano;
- promuovere misure alternative alla detenzione e potenziare le strutture comunitarie destinate al recupero dei minorenni, avvalendosi in ciò dell’esperienza particolarmente avanzata del sistema di giustizia minorile italiano;
- abrogare le misure limitative del soggiorno per i minori stranieri non accompagnati;
- abrogare la possibilità di detenzione dei detti minori in centri per adulti;
- potenziare le misure di integrazione dei detti minori nel tessuto sociale, in particolare il ricorso alla figura del tutore volontario di cui alla legge n. 47/2017.
Note
(1) - Non si spiegano diversamente i tempi di approvazione: la prima notizia Ansa sui fatti di ‘Caivano’ è del 25 agosto 2023; il Consiglio dei Ministri che approva il Decreto è del 8 settembre 2023.
Mary Ellen Wilson
“Mamma e papà erano morti. Non so quanti anni ho. Nei miei ricordi ho sempre vissuto qui. La mia mamma adottiva mi frustava e mi picchiava praticamente ogni giorno. Avevo lividi ovunque [...], arrivò anche a tagliarmi con una forbice. Non ricordi di aver mai ricevuto un bacio - men che meno dalla mia mamma adottiva. Non mi ha mai concesso carezze o affetto. Non ho praticamente mai parlato con nessuno, pena le botte. Non so perché mi picchiasse, non mi diceva mai nulla mentre lo faceva. Non voglio tornare a vivere con lei, perché mi picchia. Non ricordo di essere mai scesa in strada”.
Questa testimonianza da brividi racconta una storia di abusi e violenze che risalgono al 1874. Purtroppo, storie come queste possono essere trovate anche oggi. C’è però una grossa differenza con la storia di quella bambina, Mary: all’epoca l’abuso verso i bambini non era sanzionato in alcun modo.
Mary Ellen Wilson nacque nel 1864 da Thomas e Frances Wilson a New York. Suo padre morì in guerra, lasciando la madre con grossi problemi finanziari. Affidata a un istituto governativo, dopo poco tempo la bimba, che aveva poco più di due anni, venne affidata ai coniugi McCormack. L’affido, inoltre, avvenne senza i documenti necessari. Mary McCormack rimase presto vedova, risposandosi poco dopo con Francis Connolly.
Mary conobbe così la sua madre adottiva, nonché aguzzina. Le botte, la reclusione forzata, le violenze. Fu l’arrivo nel vicinato di Etta Wheeler, una metodista che si occupava di famiglie in situazioni di povertà, a salvare letteralmente la vita di Mary. Quando visitò la zona, infatti, una vicina la informò delle urla e dei pianti provenienti da uno degli appartamenti dell’edificio. Con una scusa, Etta riuscì ad entrare in casa Connolly-McCormack. Fu così che intravide Mary Ellen: aveva 10 anni ma ne dimostrava la metà, era piena di lividi e ferite, era scalza a dicembre e, non ultimo, visibilmente terrorizzata.
Era chiaro che la bambina aveva bisogno di aiuto. Ma come fare? Al tempo, infatti, nonostante l’esistenza di leggi locali che punivano maltrattamenti eccessivi a danno dei più piccoli, le autorità erano decisamente restie a utilizzarli. L’educazione dei bambini - se così si potevano definire botte e maltrattamenti - erano di competenza strettamente familiare. Ma Etta Wheeler non si diede per vinta, e si rivolse a Henry Bergh, noto attivista newyorkese, attivo però soprattutto in difesa dei diritti degli animali. “E cos’era Mary, se non un piccolo animale indifeso?”. Henry decise di supportare Etta Wheeler nella sua battaglia e, col tempo, i due riuscirono a dare risalto alla storia di Mary, a ottenerne l’allontanamento dalla matrigna - grazie appunto anche alle leggi contro la crudeltà rivolta agli animali - e alla condanna di quest’ultima a un anno di prigione. Ma soprattutto riuscì a portare all’attenzione dell’opinione pubblica la questione delle violenze subite in famiglia dai bambini, un argomento che all’epoca era quasi un tabù. Mary, nel frattempo, crebbe ed ebbe un’adolescenza felice e si sposò a 24 anni. Poco dopo nacque la sua prima figlia: la chiamò Etta, in onore della donna che aveva salvato lei e che aveva aiutato intere generazioni di bambini ad ottenere diritti fondamentali.