Il 2023 e il 2024
Sul tema del riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQIA+, l’Italia si conferma stabile nella sezione bassa della Rainbow Map redatta da Ilga-Europe. La percentuale dei diritti riconosciuta si attesta infatti al solo 25,41%, e l’Italia si inserisce nella classifica al trentacinquesimo posto su 49 Paesi monitorati. La Rainbow map ha confermato le molte criticità presenti in Italia, portando il nostro Stato a perdere due posizioni nella classifica dei paesi monitorati.
Un’ulteriore fotografia dello stato dei diritti delle persone LGBTQIA+ in Italia è stata fornita dall'Agenzia per i Diritti Fondamentali dell'Unione Europea (FRA) che, nel suo terzo sondaggio sugli standard di tutela, rappresenta come le soggettività LGBTQIA+ continuino a subire violenze omolesbobitransfobiche motivate da odio e da discriminazione, in totale assenza di una legge a tutela del fenomeno. Il sondaggio della FRA sottolinea la tendenza inversamente proporzionale dell'aumento delle persone che esprimono liberamente il proprio orientamento sessuale, la propria identità sessuale, l'espressione di genere e le caratteristiche sessuali rispetto all’aumento di discriminazioni nei confronti delle persone LGBTQIA+.
Ancora oggi, il 53% delle persone omosessuali evita di tenere la mano del proprio partner in pubblico, il 51% ha dichiarato di aver subito molestie e il 10% di aver subito almeno un attacco nei cinque anni precedenti. Non solo, il 18% dichiara di aver subito pratiche di conversione con lo scopo di cambiare l'orientamento sessuale e/o l'identità di genere.
In questo senso, non può essere ignorato il tenore del linguaggio politico adottato dall’attuale governo, oltre al chiaro posizionamento ideologico della maggioranza che ben poca speranza lascia in termini di maggiore riconoscimento di diritti per le persone LGBTQIA+: il 2024 si chiude infatti con l’entrata in vigore della Legge 169/2024 “Perseguibilità del reato di gestazione per altri”, che prevede la punibilità delle condotte nell’ambito della maternità surrogata commesse all’estero, modificando la Legge 40 del 2004. La misura ha infiammato il dibattito pubblico ma, ancor più importante, lanciato un chiaro messaggio sulla linea politica di governo.
Il clima di odio e discriminazione che ancora oggi colpisce le persone LGBTQIA+ in Italia emergeva chiaramente dal Barometro dell’Odio redatto da Amnesty International, che denunciava come già in campagna elettorale da parte dell’attuale maggioranza non siano mancati hate speech e attacchi alle persone LGBTQIA+. L'hate speech nei confronti della comunità LGBTQIA+, nel panorama italiano, è ampiamente diffuso e in crescita, come rilevato dall'ultimo report di VOX, Osservatorio italiano sui diritti, in cui si afferma che il clima sociale e politico italiano influenza il linguaggio c.d. “social”. I tweet contenenti hate speech rivolti alle persone LGBTQIA+ rappresentano l'8,78% del totale dei tweet negativi rilevati, e tra gli/le autor* si rilevano esponenti del Governo e la Presidente del Consiglio.
Il report afferma in maniera diretta che il tema dell’incitamento all’odio costituisce un serio problema in Italia, inclusa la dialettica dell’attuale governo, che ha promesso di affrontare la c.d. “lobby gay” e l'ideologia gender.
I dati raccolti dalla Gay Help line relativi al 2023 rilevano che gli episodi di discriminazione e odio sono saliti del 34%6 e sono perpetrati principalmente da conoscenti della vittima, indicando che gli stessi vengono agiti prevalentemente nelle relazioni interpersonali, nonostante permanga anche la natura sistemica del pregiudizio nei confronti delle persone LGBTQIA+ nel discorso politico e nell’organizzazione sociale del nostro Paese.
L'indagine condotta dall'Agenzia per i Diritti Fondamentali dell'Unione Europea ha rilevato che il 60% degli intervistati ritiene che siano aumentati non solo gli episodi di omolesbobitransfobia ma anche l'intolleranza e i pregiudizi nei confronti delle comunità LGBTQIA+.
Nell'arco del 2023, sono stati registrati 133 episodi di omolesbobitransfobia, numero che deve essere necessariamente letto con la consapevolezza del fenomeno di under-recording ed under-reporting che caratterizza la violenza omolesbobitransfobia(1). Tra questi eventi bisogna segnalare sia episodi di suicidi che di omicidi(2); quello che sicuramente ha colpito di più l'opinione pubblica per la giovane età della sua vittima è stato il suicidio di un ragazzo di 13 anni a causa del bullismo subito per il suo presunto orientamento sessuale. Il 2024 si è concluso con l’aggressione e il pestaggio di una giovane coppia che camminava dandosi la mano, nella città di Roma.
La Gay Help line ha dichiarato che il 6% dei casi da loro seguiti è costituito da adolescenti vittime di bullismo in attività di socializzazione (scuola, attività sportive, online) ma nessuna risposta arriva dal Ministero dell'Istruzione, il quale, invece, non ha ad oggi emanato linee guida specifiche per l’attivazione della c.d."carriera alias" alle quali le scuole possano fare riferimento per redigere appositi protocolli, permettendo agli/alle studenti trans* di vedere rispettata e riconosciuta la propria identità di genere nei luoghi di formazione. La definizione dei protocolli resta dunque a discrezione dei singoli istituti. Si sottolinea come, nonostante le strumentalizzazioni di stampo politico del tema della “carriera alias”, la stessa, che permetterebbe di modificare il nome anagrafico con quello di elezione nel registro elettronico, negli elenchi e in tutti i documenti interni alla scuola che non abbiano valore ufficiale, è funzionale a garantire un benessere psicologico dell* student*. Si precisa che nessun cambio dei dati anagrafici della persona viene effettuato con l’adozione della “carriera alias”, poiché lo stesso può essere realizzato ai sensi della legge 164 del 1982(3). Occorre in tal senso considerare il dato secondo cui il 51% degli studenti nascondono il proprio orientamento sessuale e/o identità di genere a scuola per evitare di subire fenomeni di bullismo(4). In ambito sanitario, il Report di Gay Help line riporta il dato che il 23,6% delle persone prese in carico ha subito episodi di discriminazione.
In termini di evoluzione legislativa si osserva come, se il 2022 è stato un anno caratterizzato dall’assenza di reali proposte legislative in materia di diritti delle persone LGBTQIA+, nel 2023 si è assistito all’erosione di alcuni diritti faticosamente conquistati.
Una panoramica degli ultimi dieci anni
Sulla tutela delle discriminazioni fondate sui motivi di orientamento sessuale e identità di genere e dei crimini di odio omolesbobitransfobici, l'Italia non ha ancora promulgato alcuna legge: nel decennio 2013-2023, sono state bocciate ben due proposte di modifica in tal senso, la prima nel 2013 “Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, e al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, per il contrasto dell'omofobia e della transfobia”, seguita dal c.d. DDL Zan del 2020. In seguito a tale ultimo tentativo, la proposta usciva dal panorama politico, nonostante il tentativo di una nuova proposta di legge sul tema nel 2022, seppur con sostanziali modifiche.(5) Ulteriori proposte di legge a tutela delle persone LGBTQIA+ si segnalano nel “Divieto dell’esecuzione di terapie volte alla conversione dell’orientamento sessuale su soggetti minorenni” del 2022 e “Disposizioni e delega al Governo in materia di vita familiare delle coppie formate da persone dello stesso sesso e di stato giuridico dei figli, nonché di accesso all’adozione e alla procreazione medicalmente assistita per le persone di stato libero” del medesimo anno, al momento ben lontane dall’essere oggetto di un reale dibattito in seno alle forze di governo.
La tutela dalle discriminazioni resta dunque demandata alle disposizioni di rango europeo, oltre che internazionale, che negli ultimi dieci anni si identificano in particolare nella “Risoluzione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 sulla tabella di marcia dell'UE contro l'omofobia e la discriminazione legata all'orientamento sessuale e all'identità di genere”, nella “Risoluzione del Parlamento europeo del 9 giugno 2015 sulla strategia dell'Unione europea per la parità tra donne e uomini dopo il 2015”, nella “Risoluzione sulla discriminazione in pubblico e sull'incitamento all'odio nei confronti delle persone LGBTI del 18 dicembre 2019”, nella “Risoluzione sui diritti delle persone intersessuali del 14 febbraio 2019”, oltre alla “Strategia Europea per l'uguaglianza delle persone LGBTQ 2020-2025”, mentre a livello nazionale continua a farsi riferimento alla c.d. Legge Mancino e al Decreto Legislativo n. 216 del 9 luglio 2003, in attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
In senso contrario ad un maggior riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQIA+, si richiamano invece l’approvazione della già citata Legge 169/2024 “Perseguibilità del reato di gestazione per altri” e la decisione del governo italiano, in occasione della giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia (IDAHOBIT) del 17 maggio 2024, di non sottoscrivere né la "Dichiarazione sul continuo progresso dei diritti umani delle persone LGBTQIA in Europa"(6)(scaricabile qui), insieme a Ungheria e Romania, né la dichiarazione ministeriale congiunta in occasione della giornata internazionale contro l'omofobia, la bifobia e la transfobia e l'intersessualità, sottoscritta da 32 Stati membri del Consiglio d'Europa.
Il rischio di una mancanza di codificazione del fenomeno hate speech e hate crimes nei confronti delle persone LGBTQIA+ risiede, come già sottolineato, nella difficile identificazione, e relativa qualificazione giuridica, della condotta (under-recording) alla quale si aggiunge l’assenza di una previsione sulla formazione uniforme e specifica sul tema alle forze dell’ordine e ai servizi di primo soccorso, al fine di potenziare strumenti di identificazione delle vittime di violenza omolesbobitransfobica.
Nessun progresso legislativo sostanziale si registra sul tema del percorso di affermazione di genere, la cui disciplina risiede ancora nella Legge 164 del 1982, a cui segue l’emanazione del D.lgs 150/2011 perché l’intervento chirurgico finalizzato ad adeguare i caratteri sessuali (la c.d. Riattribuzione Chirurgica di Sesso - RCS) sia autorizzato da un Tribunale solo “quando risulti necessario” escludendolo dal novero dei requisiti necessari al fine dell’allineamento del genere della persona all’anagrafe. Si precisa come, per eseguire l’intervento, sia sempre necessaria l’autorizzazione del Tribunale competente. Alcune rilevanti considerazioni afferiscono invece all’evoluzione del diritto determinata dalle pronunce giurisprudenziali sul tema, che si individuano nelle storiche sentenze della Corte di Cassazione, la n.15138 del 2015, che statuisce come la sottoposizione all’RCS sia da considerarsi una scelta della persona interessata e che per la modifica dei dati anagrafici sia sufficiente documentazione a sostegno di tale decisione, precisando nella pronuncia n. 221 del medesimo anno che la RCS sia finalizzata al raggiungimento del benessere psicofisico e dunque alla tutela del diritto alla salute Costituzionalmente garantito. Ad oggi, l’iter legale finalizzato all’applicazione della Legge 164 presenta ancora alcune criticità e la chiara necessità, in considerazione della sua anzianità, di un adeguamento al progresso giuridico, culturale e sociale. Si osserva come gli Stati con un punteggio maggiore nella Rainbow map siano tra quelli che hanno introdotto il riconoscimento legale del genere utilizzando un modello c.d. di “autodeterminazione”(7)
Anche nell’ambito del diritto di famiglia si registrano esigui progressi legislativi, che lasciano profondamente disattese le richieste della maggior parte delle persone LGBTQIA+ e che attengono unicamente all’approvazione della c.d. Legge Cirinnà (Legge 76 del 2016). L’approvazione della legge, per cui si è parlato di vere e proprie “luci e ombre”(8), considerando che l’Italia è stata uno degli ultimi paesi in Europa a disciplinare il diritto ex. art 2 della Carta Costituzionale delle persone omosessuali a vivere liberamente una “condizione di coppia” e che non vi si ritrovano tutti i diritti e doveri del matrimonio (motivo per cui la richiesta delle persone LGBTQIA+ continua a essere quella del riconoscimento del c.d. matrimonio egualitario). Infatti, se da un lato tale visione monolitica della famiglia è stata superata, dall'altro si assiste a un difficile superamento del concetto di famiglia composta unicamente da persone dello stesso sesso, ideologicamente e strumentalmente definita "famiglia tradizionale". Si osserva tuttavia come il concetto di famiglia, secondo costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, si fondi sul prendersi cura di un'altra persona: non è dunque più possibile ignorare e, ancora peggio, contrastare il carattere plurale delle famiglie.
È proprio nell’ambito dell’approvazione della Legge Cirinnà che il dibattito politico tornava seriamente sul tema del diritto alla genitorialità per le coppie dello stesso sesso, rinunciando tuttavia alla previsione della possibilità delle coppie omogenitoriali di fare richiesta di adozione di minore (salvo la possibilità della c.d. stepchild adoption), condizione che diventava un vero proprio elemento di trattativa per l’approvazione della legge. Il dibattito politico decideva dunque di rinviare a un momento più propizio la battaglia sulla omogenitorialità, tema totalmente espunto dalla legge e osteggiato dalle forze politiche più conservatrici.
In tema di filiazione continua a pesare sulle famiglie la mancanza di una legislazione che garantisca i rapporti di filiazione nelle coppie dello stesso sesso, tutto quanto da leggersi in combinato disposto con la recente modifica sulla gestazione per altri del 2024.
L'omogenitorialità si articola attualmente in diversi modi, di cui il primo è la c.d. stepchild adoption, e precisamente l’adozione del figlio del partner, sposato o unito civilmente, monodirezionale o reciproca, che implica per ambedue i partner gli stessi diritti e doveri nei confronti dei/delle figli* di uno solo o una sola di loro; la seconda modalità, fino al 2024, è stata la trascrizione dell'adozione ottenuta all'estero in capo a entrambi i partner; esiste infine il riconoscimento in capo ai due partner dei/delle figli* senza alcun rapporto di parentela, indifferentemente adottivi o naturali(9).
Si segnalano due importanti pronunce in materia di omogenitorialità della Corte di legittimità e, precisamente, la prima che riconosce l'applicabilità dell'art. 44, lett. d) della Legge n. 184/1983 (adozione in casi particolari) in caso di adozione dei/delle figli* del partner in una coppia omosessuale; la seconda che riconosce invece la possibilità di trascrivere l'atto di nascita straniero recante l'indicazione di due madri(10). Nel caso di coppie con due padri, il tema che si propone nuovamente è quello della necessaria gestazione per altri(11).
Il quadro giuridico si arricchisce di numerose pronunce incentrate sulla trascrivibilità di provvedimenti esteri nell'ordinamento italiano ai sensi dell'art. 66 Legge n. 218 del 1995 (legge sul diritto internazionale privato), in ossequio al diritto di conservazione dello status filiationis acquisito all'estero e il rispetto della contrarietà o meno dell’atto straniero con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo.
Nel 2022, in inversione di tendenza al maggior riconoscimento di diritti delle coppie omosessuali, diverse città italiane hanno bloccato e negato la trascrizione di figl* in capo a entramb* i genitori, a favore del solo genitore biologico. A conferma della tendenza interveniva la circolare 3 del 2023, a cui seguiva la nota pronuncia a Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione n. 38162 del 30 dicembre 2022 che riconosceva la pratica di ricorso a maternità surrogata contraria all'ordine pubblico, mantenendo la previsione del riconoscimento giuridico del legame affettivo attraverso l'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, co. 1, lett. d), L. n. 184 del 1983, disposizione già richiamata in altre pronunce come “alternativa” sempre perseguibile dalle coppie omosessuali. L’orientamento italiano è stato nel 2023 smentito dal Parlamento Europeo attraverso un emendamento presentato daRenew Europe, poiché costituisce un preoccupante “più ampio attacco contro la comunità LGBTQI + in Italia”.
A non essere nemmeno entrato nel dibattito pubblico e politico, è, al momento, il tema della genitorialità delle persone trans, sul quale, per alcuni aspetti, è intervenuta la sentenza della Corte di Cassazione n.170 del 2014 e 1538 del 2015, prevendo anche che, in caso di rettificazione dell’attribuzione del sesso di uno dei due coniugi, gli stessi possono comunque mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato (abrogazione del c.d. “divorzio imposto”) e riconoscendo la possibilità, stante la presenza di numerosi ostacoli medico-sanitari, giuridici e culturali, dell’espressione di genitorialità biologica delle persone trans. Appare evidente la necessità di aprire una discussione sul tema, oltre alla conferma di quanto già considerato circa la necessità di una revisione e aggiornamento della legge 164.
In tema di accesso al mondo del lavoro delle persone LGBTQIA+, l’Istat, in collaborazione con l’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), ha realizzato nel 2024 l’innovativo rapporto dal titolo “Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ e leDivercity Policy”, affrontando il fenomeno discriminatorio nei confronti delle persone LGBT+ nel mondo del lavoro attraverso un approccio analitico secondo diverse prospettive, finalizzato alla rappresentazione di un quadro informativo statistico su accesso al lavoro e condizioni di lavoro di soggetti a rischio di discriminazione (persone LGBT, lesbiche, gay, bisessuali e transgender).
La raccolta di dati sulla diffusione di fenomeni di discriminazione e violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere è poco sistematica, e le persone LGBTQIA+ sono una popolazione ancora poco considerata nell’ambito di ricerche su scala nazionale e dalla statistica pubblica, ma offre comunque alcuni risultati sottolineando l’opportunità e la necessità di evoluzione delle tecniche di monitoraggio delle discriminazioni delle persone LGBTQIA+ nonché della formazione e dell’introduzione nei luoghi di lavoro della figura del c.d. divercity manager.
Anche il tema del diritto alla salute delle persone LGBTQIA+ continua a mettere l’Italia davanti a numerose sfide di pieno riconoscimento e garanzia di diritti fondamentali. In particolare, si registra la tendenza alla “medicalizzazione”, fenomeno secondo cui eventi fisiologici e del tutto naturali vengono valutati come condizioni mediche che necessitano di diagnosi e trattamenti chirurgici e/o medici. È un fenomeno che riguarda in maniera strutturale le persone intersex, ma anche altre individualità.
Solo dopo le già richiamate sentenze della Corte di cassazione del 2015 le persone trans* hanno visto riconosciuto il loro diritto a non ricorrere necessariamente alla RCS, la riconversione chirurgica del sesso, al fine di vedere allineato il proprio genere d’elezione a quello assegnato alla nascita. Tuttavia le persone trans* continuano a essere patologizzate in quanto, in base alle due determine dell'Agenzia Italia del Farmaco (Aifa), è possibile l'accesso gratuito alle terapie Ormonali Sostitutive (TOS)44 ma solo a seguito della diagnosi di disforia di genere/incongruenza di genere formulata da una equipe multidisciplinare e specialistica dedicata. Infatti l'Aifa, nel 2020, ha inserito nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale gli ormoni necessari nel processo di virilizzazione di uomini trans* e ormoni necessari nel processo di femminilizzazione di donne trans*. Prima di questi provvedimenti la gratuità degli ormoni era di competenza regionale, così come i consultori per persone trans.
Ancora una volta, la Legge n. 164 del 1982 si conferma obsoleta e patologizzante, incardinata a protocolli medici rigidi nell’ambito dei quali le persone trans* vengono sottoposte a un percorso di medicalizzazione rigida e frammentata, sottoposte a diverse visite mediche e psicologiche che si concludono poi con una sentenza del giudice. Inoltre, il percorso di transizione è lungo, costoso e ostico, a causa delle carenze del Servizio Sanitario Nazionale e della disomogenea distribuzione di reparti che si occupano del percorso di affermazione di genere(12).
In generale, le indagini e i report con focus sulla salute delle persone LGBTQIA+ che vivono in Italia e sulla percezione dei servizi di cui possono usufruire, nonchè quelli sulla qualità della vita, è scarna e frammentata, e non si rileva ancora oggi una indagine completa a riguardo. Manca inoltre una formazione specifica e adeguata a un’interazione con i pazienti LGBTQIA+, lì dove spesso non viene utilizzato un linguaggio consono al rispetto della dignità delle persone. Infatti, dallo studio pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità "Studio sullo stato di salute della popolazione transgender adulta in Italia” emerge che il 34% delle persone trans* AMAB e il 46% delle persone trans* AFAB si è sentita discriminata in ragione della propria identità e/o espressione di genere nell'accesso e nell'utilizzo dei servizi sanitari.
Si evince inoltre come le persone trans* che abbiano dichiarato di aver paura di essere discriminat* siano circa il 46% del totale: ciò si traduce in mancanza di fiducia nel personale sanitario che, a sua volta, porta le persone a rinunciare ad alcune prestazioni(13).
Lo studio, ancora in fase di aggiornamento, accende i riflettori su alcuni bisogni di salute per le persone trans*; è importante precisare come la causa dello stress non sia da rintracciare nella propria identità di genere ma nel c.d. minority stress dovuto allo stigma socioculturale. Tale stress, dovuto all'appartenenza a una minoranza discriminata, causa una scarsa aderenza agli screening medico-sanitari. Pertanto la mancanza di approcci rispettosi dell'autodeterminazione disincentiva le persone trans* e quelle gender diverse a rivolgersi al sistema sanitario.
Per migliorare il benessere della popolazione trans*, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri insieme all'Istituto Superiore di Sanità hanno creato, nel maggio 2020, il primo portale dedicato alle persone trans* con l'obiettivo di fornire alla popolazione informazioni certificate e aggiornate riguardanti la prevenzione, la salute e il percorso di affermazione di genere; inoltre è presente anche una sezione "buone pratiche per i professionisti" rivolto alle persone impiegate in diversi ambiti tra cui quello socio-sanitario.
A subire una doppia discriminazione sono le persone straniere con tesserino STP, cioè il tesserino che viene rilasciato a coloro che sono privi di un permesso di soggiorno e che consente l’erogazione di assistenza sanitaria garantendo le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti, essenziali e continuative. Tale gruppo di persone non ha accesso automatico agli screening per la salute sessuale. In questo senso alcune organizzazioni come PLUS, il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, Libellula Aps, insieme a molt* altr*, svolgono attività di screening e prevenzione a titolo gratuito per persone in condizioni di marginalità, sopperendo a carenze sistemiche in termini di salute pubblica.
In merito ai diritti delle persone con Variazione delle Caratteristiche del Sesso presenti in Italia, l* attivist* hanno pubblicato un documento condiviso nel quale si rivendicano i diritti delle persone con VCS e concludono con una serie di raccomandazioni per l’elaborazione di linee guida mediche che rispettino i diritti umani.
Un focus a parte merita la condizione delle persone intersex, un gruppo di persone che condivide la stigmatizzazione a causa della eteronormatività, delle norme di genere e del binarismo dell’attuale sistema legale e sociale. Si osserva, in primo luogo, come ponga dei problemi di natura concettuale includere l'intersessualità nel quadro "dell'orientamento sessuale e identità di genere" in quanto si ommettono una serie di considerazioni specifiche sulla questione delle persone intersex e dei loro diritti(14). Tale vicenda coinvolge una percentuale di persone compresa tra l’1,7% e il 4% della popolazione.(15)
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, a livello internazionale, nell'ultima revisione della Classificazione Internazionale delle malattie (ICD) a cura dell’Organizzazione mondiale della sanità, l'incongruenza di genere è stata spostata dal capitolo relativo ai disturbi mentali a un nuovo capitolo denominato "Condizioni relative alla salute sessuale".
Le c.d. "Variazioni delle Caratteristiche del Sesso" (VCS) generalmente non rappresentano un rischio per la salute né per la sopravvivenza dell'individuo ma, spesso, le persone con VCS hanno subìto almeno un intervento chirurgico per rispettare e conformarsi ai canoni del binarismo del sesso.
Le persone intersex sono spesso soggette a violazioni dei diritti umani a causa delle loro caratteristiche fisiche. In tal senso, in ambito medico, è ampiamente utilizzata la locuzione "disorders of sex development", in un’ottica patologizzante che incoraggia interventi chirurgici non necessari.
L'approccio medicalizzante nei confronti delle persone intersex è ben evidente nel parere del Comitato Nazionale per la Bioetica del 2010, nel quale, pur facendo riferimento al consenso informato, si afferma la necessità di alcuni interventi di definizione del genere, parlando di veri e propri “elementi di disarmonia”. Si segnala l’iniziativa legislativa del Disegno di legge 405 del 2013 in materia di modificazione dell'attribuzione di sesso, al cui art. 13 si disciplinava il diritto all'autodeterminazione del sesso per le persone intersex, prevedendo un divieto assoluto di sottoporre le persone a trattamenti medico-chirurgici, salvo il pericolo di vita. Tale disegno di legge non ha seguito l’iter legislativo auspicato.
Nel 2016 il Comitato per i diritti delle persone con disabilità delle Nazioni Unite ha sottolineato il proprio timore rispetto alla prassi registrata, in Italia, di sottoporre le persone intersex a trattamenti medico-chirurgici, raccomandando al nostro paese di garantire l'integrità corporea, l'autonomia e l'autodeterminazione delle persone interessate(16). In egual modo, il Comitato per i diritti dell'infanzia nelle Osservazioni conclusive sul rapporto periodico relativo all'Italia pubblicato il 28 Febbraio 2019 raccomanda il nostro Stato di sviluppare e attuare un protocollo sanitario basato sui diritti dei bambini intersessuali. Il 14 febbraio 2019 il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sui diritti delle persone intersessuali con l'intento di sensibilizzare gli attori comunitari e gli Stati Membri verso tale tematica. Per le rivendicazioni dei diritti delle persone nate con Variazioni delle Caratteristiche del Sesso (VCS) si rimanda al manifesto già richiamato.
Nel decennio 2013-2023, lo stato dei diritti delle persone intersex è rimasto inalterato: nessuna legge è stata promulgata in materia e nessun diritto è stato pienamente tutelato.
In ottica intersezionale, appare necessario richiamare le difficoltà che ancora oggi incontrano le persone migranti LGBTQIA+, gravate dal doppio stigma della migrazione e della discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Appaiono in aumento le prese in carico delle persone transgender nell’ambito del contrasto alla tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, come emerge dai dati del SIRIT, Sistema Informatizzato per la raccolta di informazioni sulla tratta del Dipartimento per le Pari Opportunità.
Il tema dei diritti per la tutela di persone LGBTQIA+ pone all’Italia sfide continue anche negli spazi di privazione della libertà personale: in questo senso si segnalano negli ultimi due decenni segni di un maggior interessamento mediante iniziative delle singole amministrazioni e un progressivo intensificarsi del dibattito sul tema che si pone evidentemente in parallelo al più generale tema della tutela dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale(17).
Tuttavia, le risposte fornite continuano a dimostrarsi insufficienti, come rilevato anche nella relazione annuale del 2023 della Garante delle persone private della libertà personale di Roma Valentina Calderone.
Raccomandazioni
Le seguenti raccomandazioni sono state elaborate tenendo in considerazione il clima di discriminazione strutturale basata sull’impianto eteronormativo e binario su cui si basa l’attuale ordine sociopolitico in Italia, a discapito del riconoscimento delle identità di genere e dell’orientamento di tutte le soggettività, e al quale si aggiunge una cultura dai tratti omolesbobitransfobici, sdoganati dal linguaggio dell’attuale maggioranza di governo. Quello che riteniamo sia necessario fare:
- Affrontare il tema della discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nel contesto sociale e culturale italiano;
- Garantire tempestiva tutela e protezione alle vittime di violenza omolesbobitransfobica attraverso una legge che permetta di reprimere la natura omolesbobitransfobica della violenza a cui sono state sottoposte, investendo sulla formazione delle forze dell’ordine in ottica di identificazione delle vittime;
- Considerare i luoghi di formazione (Scuole, Università, Centri per l’Impiego) spazi primari di contrasto alle disuguaglianze e alla violenza di matrice omolesbobitransfobica, implementando protocolli virtuosi di carriere alias e chiedendo alla politica l’introduzione di linee guida omogenee che rispettino il diritto dell* student* alla propria autodeterminazione in termini di identità di genere e orientamento sessuale;
- Elaborare strumenti di linguaggio orale e scritto, implementando quelli già esistenti, per il pieno riconoscimento anche linguistico delle persone LGBTQIA+;
- Abrogare immediatamente la Legge 169/2024 “Perseguibilità del reato di gestazione per altri”, modificare la Legge 76 del 2016 anche con l’introduzione del matrimonio egualitario; intervenire sulla disciplina della filiazione e dell’adozione nell’ottica di tutela dell* figl* di tutte le coppie omogenitoriali; modificare la legge 164 del 1982;
- Garantire la piena parità delle persone LGBTQIA+ all’accesso al mondo del lavoro attraverso l’eliminazione di ogni forma di discriminazione, anche strutturale, ed elaborando piani di monitoraggio e di piena inclusività, potenziando inoltre la figura del diversity manager negli spazi di lavoro;
- Depatologizzare le identità trans e la condizione delle persone intersex in ottica di autodeterminazione e rispetto di tutte le soggettività, proibire gli interventi medici sui minori intersessuali, salvo il pericolo di vita, fino al momento in cui la persona sia in grado di fornire un consenso informato; prevedere per le persone intersex la possibilità di non assegnazione alla nascita del genere, in attesa del momento della loro autodeterminazione;
- superare il doppio stigma delle persona migranti ed LGBTQIA+ attraverso approcci e interventi in chiave intersezionale che tengano conto del vissuto delle singole persone e dei contesti di provenienza; contrastare il fenomeno della tratta delle persone transgender a scopo di sfruttamento sessuale con attività di prevenzione, identificazione precoce delle vittime e messa in protezione delle stesse, anche attraverso lo stanziamento di risorse economiche;
- Adottare misure appropriate per garantire la sicurezza e la dignità delle persone LGBTQIA+ detenute e/o in altro modo private della libertà personale.
Note
(1) - 2024_italy.pdf
(2) - https://osservatorionazionale.nonunadimeno.net/anno/
(3) - https://www.retelenford.it/wp-content/uploads/2023/01/FAQ-Identita-alias.pdf https://www.retelenford.it/alias/ https://www.genderlens.org/regolamento-scolastico-per-la-carriera-alias/
(4) - https://gayhelpline.it/wp-content/uploads/sites/5/2024/05/Report-II-livello-Gay-Help-Line_2024_finale.pdf
(5) - Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità (2022) https://www.camera.it/leg19/126?leg=19&idDocumento=401 https://pagellapolitica.it/articoli/nuovo-ddl-zan-novita; https://pagellapolitica.it/articoli/nuovo-ddl-zan-senato-cosa-succede;
(6) - https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2024/05/17/italia-tra-i-paesi-non-firmatari-del-testo-della-presidenza-belga_bd401fb1-b55d-4147-afa6-a83c58aa66ac.html
(7) - https://europa.eu/youreurope/citizens/residence/documents-formalities/legal-gender-recognition/index_it.htm
(8) - Le Unioni Civili: Luci e Ombre, di Federico Azzarri in Diritto e persone LGBTQIA+ a cura di M. Pellissero e A. Vercellone
(9) - Il riconoscimento della genitorialità omosessuale di Susanna Lollini in Diritto e persone LGBTQIA+ a cura di M. Pellissero e A. Vercellone
(10) - Corte di cassazione, sentenza 19599 del 2016
(11) - Corte di Cassazione, sentenza 12962 del 2016
(12) - https://www.infotrans.it/it-schede-3-mappa_servizi_transgender
(13) - https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/3f4alMwzN1Z7/content/comunicato-stampa-n%C2%B041-2022-%C2%A0salute-di-genere-basso-livello-di-prevenzione-nella-popolazione-transgender
(14) - Le persone intersex nel diritto antidiscriminatorio: fra vuoti normativi e necessità di protezione di Anna Lorenzetti in Diritto e persone LGBTQIA+ a cura di M. Pellissero e A. Vercellone https://www.iss.it/infointersex-chi-sono-le-persone-intersex
(15) - https://www.oiieurope.org/
(16) - CRPD/C/ITA/CO/1 (PDF 145 kb), sulle persone intersex: p. 5-6, paras. 45–46
(17) - Omosessuali e transgender in carcere: tutela dei diritti e percorsi risocializzanti di Fabio Gianfilippi in Diritto e persone LGBTQIA+ a cura di M. Pellissero e A. Vercellone
Marcella Di Folco
“Io dovevo solo consegnare una lettera. Lui stava girando uno dei suoi primi film. All’improvviso mi guarda e mi dice ”. A pronunciare quelle parole fu Federico Fellini. L’ignaro portalettere era invece Marcella Di Folco. Ma per dieci anni nei titoli di coda del regista appariva un nome diverso: Marcello Di Falco. E se per il cognome era semplicemente una questione “artistica”, la storia dietro quel nome racconta l’impegno incessante di una persona per un diritto essenziale, quello all’autodeterminazione del proprio genere. Marcella nacque nel 1943 a Roma, tra tutte le difficoltà della capitale nel secondo dopoguerra. Specie per chi, come lei, proveniva da una famiglia strettamente legata al Ventennio e caduta in disgrazia alla fine del conflitto.
Ma la vera sfida, come detto, arrivò anni dopo, quando divenne una delle protagoniste della battaglia per i diritti delle persone trans. Non era una battaglia scontata, alla fine degli anni Sessanta, tanto che Marcella impiegò oltre dieci anni per veder riconosciuto a lei - e a chiunque - il diritto alla modifica dei caratteri sessuali, tramite una legge del 1982. Ma Marcella era stata sempre un passo avanti a tutti e, anticipando il provvedimento, si era già recata nel 1980 a Casablanca per l’operazione, a conclusione di un decennio di riflessioni e cure ormonali.
“Devi essere tu a volerlo, non farti obbligare. Dal fidanzato come dall’anagrafe”, disse.
Nel frattempo proseguiva una carriera importante con il già citato Fellini, Rossellini, Risi e Monicelli, oltre a lavorare al Piper, storico locale romano. Negli anni Ottanta la carriera cinematografica lascia progressivamente spazio all’attivismo per i diritti di genere, mentre Marcella si trasferisce a Bologna. Diventa la presidente del MIT (Movimento Identità Transessuale), modificando radicalmente l’associazione e riuscendo a far aprire un consultorio di genere: sarà il primo al mondo gestito interamente da persone transgender. Il suo attivismo continua anche negli anni ‘90, quando diventa consigliera comunale a Bologna, anche in questo caso prima donna trans a ricoprire un incarico simile.
“Non sei Maschio. Non sei Femmina. Non sei quello che devi essere, quindi, non sei niente. In un mondo che ti annulla, trovare le parole per dirsi, per raccontarsi, a volte anche solo per dimostrare che esisti, è difficile”.
Queste parole riescono a riassumere ciò che fu Marcella. Le sue battaglie per i diritti, la sua determinazione, la sua forza, le sue vittorie. Fino al 2010, fino a quando un tumore se la portò via il 7 settembre di quell’anno. La sua memoria è viva in chi porta avanti le lotte per le persone trans e per la libertà di genere.