Il punto della situazione
Il 2022 e il 2023 non sono stati anni favorevoli per il clima, come del resto quelli precedenti. Attivistə e movimenti ecologisti hanno provato a portare il problema all'attenzione dell'opinione pubblica, ma le risposte della politica sono state insufficienti e spesso repressive. L’Italia non è ancora riuscita a ridurre le emissioni di gas serra e a fermare il consumo di suolo, mentre gli eventi climatici estremi, sempre più frequenti e distruttivi, hanno causato danni ingenti ai territori e alle persone. Poca attenzione è stata dedicata allo stato di salute ecologica dei territori e per molti dei siti di interesse nazionale e delle superfici contaminate si attende ancora la bonifica. Il 2022 con l’inizio della guerra in Ucraina è stato anche l’anno della “caccia” al gas e dell'aumento dei consumi di carbone, ossia delle fonti energetiche il cui impiego sistematico e massiccio contribuisce ad aggravare la crisi climatica.
Secondo le stime dell'Ispra, nel 2022 le emissioni di gas serra in Italia si sono attestate intorno a 418 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, un valore uguale al 2021 e solo di poco inferiore al 2019. Sempre nel 2022 si è ridotto il consumo di energia, ma non sono diminuite le emissioni, soprattutto perché è peggiorato il mix energetico: sono cresciuti i consumi di carbone - a cui si è ricorsi per sopperire alla riduzione dei consumi di gas russo - e si sono ridotti i consumi da rinnovabili. Dal 2014 a oggi l'Italia ha ridotto solo circa 2 milioni di tonnellate di gas serra emesse in media ogni anno, una cifra decisamente insufficiente per rispettare gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi del 2015. Continuando con questo ritmo raggiungeremmo infatti la neutralità climatica solo tra 200 anni, nel 2220.
Il 2022 è stato un anno disastroso anche da un punto di vista del consumo di suolo. Secondo i dati Ispra nel 2022 quasi 77 chilometri quadrati di territori agricoli e naturali sono stati trasformati in aree artificiali (in media, più di 21 ettari al giorno): il 10% in più rispetto al 2021 e il valore più elevato degli ultimi 11 anni. Tra le principali cause ci sono la logistica e la grande distribuzione organizzata. Le conseguenze per i territori per le persone sono devastanti per l’aumento del rischio di dissesto idrogeologico, causato dalla diminuzione della capacità del suolo stesso di assorbire l’acqua nonché per la perdita di tutti i servizi ecosistemici tra cui lo stoccaggio di carbonio, il controllo dell’erosione, l’impollinazione, la regolazione del microclima, la rimozione di particolato e ozono, la disponibilità e la purificazione dell’acqua e la regolazione del ciclo idrologico. Dal 2006 al 2022 sono stati consumati in Italia 1.216 km2 di suolo naturale o seminaturale, in molti casi destinato ad attività agricola, con una media di 76 km2 di suolo consumato in media ogni anno. Diverse proposte di legge sul contrasto al consumo di suolo sono state depositate in Parlamento, ma nessuna è stata ancora approvata.
Anche nel 2022, come negli anni precedenti, l'Italia è stata colpita da eventi climatici estremi. Tra questi, bombe d’acque, trombe d’aria, piogge intense, ondate di calore, forti siccità, grandinate e gelate improvvise. Nel 2022 sono stati 310 gli eventi che hanno provocato impatti e danni, con un incremento del 55% rispetto al 2021, e che hanno causato la morte di 29 persone. Nel 2022, rispetto all’anno precedente, sono aumentati anche i danni provocati dalla siccità. La diminuzione consistente delle piogge ha avuto conseguenze devastanti per gli habitat naturali e per l’agricoltura. Allo stesso tempo nelle città si sono registrate temperature record nei mesi estivi. Uno degli eventi più tragici dell’anno, determinato proprio dalle temperature elevate, è stato il distacco di una grossa porzione della calotta del ghiacciaio della Marmolada, avvenuto il 3 luglio 2022, che ha provocato 11 vittime e 8 feriti. Il 2023 ha visto crescere ulteriormente gli eventi climatici estremi: nei primi cinque mesi in Italia si è registrato un + 135% degli eventi climatici estremi rispetto a quelli degli stessi mesi del 2022, con 122 fenomeni meteorologici che hanno causato danni soprattutto in Emilia-Romagna, Sicilia e Piemonte. Gli allagamenti da piogge intense sono gli eventi estremi più frequenti, con 30 eventi contro i 16 dei primi 5 mesi del 2022, mentre i fondi destinati alle popolazioni colpite vengono erogati a rilento.
Mentre la politica continua a ignorare i pesanti effetti della crisi climatica, è cresciuta la mobilitazione della società civile. Tuttavia la risposta delle istituzioni nei confronti di attivistə e movimenti per la giustizia climatica si è fatta sempre più repressiva: il 12 luglio 2023 è stato votato in Senato il ddl n. 693, che prevede “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 635 e 639 del codice penale”. Il riferimento è chiaramente rivolto alle azioni compiute da attivistə per il clima come Ultima Generazione, che hanno organizzato azioni di disobbedienza civile attraverso il lancio di vernici ecologiche su monumenti e beni culturali, innocue per gli edifici e le opere d’arte, per chiedere al governo l'uscita dal sistema dei combustibili fossili. Norme di questo tipo hanno un chiaro effetto criminalizzante verso l’attivismo e verso coloro che compiono atti di disobbedienza civile come strumento di protesta individuale o in contesti collettivi, ed è un fatto estremamente preoccupante che lede il diritto a manifestare.
Raccomandazioni
- Perseguire l’obiettivo della neutralità climatica con azioni concrete, riducendo rapidamente e significativamente le emissioni di gas serra di oltre 20 milioni di tonnellate all'anno da qui al 2030, coinvolgendo tutti i settori e prevedendo il phase-out dei sussidi alle fonti fossili entro il 2030, con lo stanziamento di risorse finanziarie per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica.
- Aggiornare il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). e mettere in campo azioni volte a contenere il surriscaldamento globale entro la soglia critica di 1.5°C. L’Italia deve rivedere il PNIEC andando oltre l’inadeguato obiettivo climatico nazionale del 51% proposto per il 2030 nel PNRR.
- Approvare una legge nazionale contro il consumo di suolo e migliorare il controllo sull’effettiva applicazione degli strumenti normativi già esistenti.i. Occorre approvare una legge a livello nazionale.
- Ritirare ogni legge e proposta di legge che punisce e criminalizza attivistə e movimenti climatici.
- Approvare definitivamente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e stanziare le adeguate risorse economiche per attuarlo.
- Effettuare la bonifica dei siti e delle superfici contaminate su tutto il territorio nazionale.
Tina Merlin
Il 9 ottobre 1963 è una data che gli abitanti della valle del Vajont non dimenticheranno mai. Precisamente alle 22:39 di quella sera una colossale frana - stimata in circa 260 milioni di metri cubi di roccia - si stacca dal Monte Toc e si rovescia nel bacino idrico sottostante: la diga del Vajont, che conta 115 milioni di metri cubi d’acqua. Si alza un’onda alta secondo alcune stime dai 150 ai 200 metri di altezza, che, dividendosi in due parti, investe i paesi di Longarone, Erto e Casso. I I danni sono inestimabili. I morti sono calcolati in 1900 persone, tra i quali 487 bambini.
Il “disastro del Vajont”, più che prevedibile, era praticamente certo. Da anni gli abitanti del luogo denunciavano la pericolosità dell’opera, da anni Tina Merlin cercava inutilmente di dare loro voce sul panorama nazionale.
Classe 1926, Tina aveva deciso di seguire le orme del fratello Antonio, comandante partigiano ucciso in combattimento, e aderire alla Resistenza. Staffetta durante il conflitto, dopo la guerra era diventata giornalista e scrittrice. Iniziò in questo ruolo una profonda e duratura collaborazione con l’Unità, di cui fu per tre decenni corrispondente da diverse zone del nord-est. Fu proprio ricoprendo tale ruolo che Tina Merlin conobbe la vicenda della diga del Vajont, sulla quale più volte prese posizione, denunciando la bomba a orologeria che si sarebbe innescata mettendo in funzione l’invaso. Non solo i suoi avvertimenti caddero nel vuoto, ma nel 1959 venne denunciata dal conte Vittorio Cini, ultimo presidente della SADE, l’azienda elettrica privata che controllava la diga. Accusata di "diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico", la giornalista fu processata e poi assolta nel 1960.
In seguito al disastro Tina realizzò un saggio dal titolo “Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont”, nel quale ripercorreva la lunga serie di eventi che portarono a quel maledetto 9 ottobre. Nel libro si denunciano apertamente le pratiche adottate dalla SADE per imporre alla valle e ai suoi cittadini l’impianto, la complicità delle istituzioni, le falsificazioni dei dati idrogeologici, i tentativi di insabbiamento e di mistificazione dei fatti ai danni dell’opinione pubblica. Anche per questo, incredibilmente, nonostante la portata della tragedia, per vent’anni non ci furono editori disposti a pubblicare il saggio, che andrà in stampa solo nel 1983.
Intanto nel novembre 1967 per il disastro saranno rinviate a giudizio undici persone: membri del Ministero dei Lavori Pubblici, dirigenti della SADE e dell’ENEL. Alla fine ci saranno solo due piccole condanne. Molti anni dopo la tragedia, in sede civile, ENEL, Montedison (che aveva assorbito la SADE) e lo Stato saranno condannati al pagamento dei danni ai comuni vittime del disastro.
Quest’ultima fase giudiziaria Tina Merlin non poté seguirla; era morta, a 65 anni, nel 1991.